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Scritti originali

DE SERVO DEO ET DE LIBERO HOMINE

“Non credo che qualcuno abbia mai guardato nel cosmo con un sospetto altrettanto profondo”

Epitteto non parla mai della sopravvivenza della proairesi e parla sempre della morte dell’uomo con grande tranquillità in questi termini:
[‘Diatribe’ III,13,14-15] “E qualora <la Materia Immortale> non procuri più il necessario, essa dà il segno della ritirata, apre la porta e ti dice ‘Vieni!’. Dove? A nulla di tremendo, ma là onde nascesti; a quanto è amico e congenere, agli elementi. Quanto v’è in te di fuoco torna in fuoco; quanto di terra, in terra; quanto di pneuma in pneuma e quanto d’acqua, in acqua. Alcun Ade non v’è, non v’è Acheronte né Cocito né Piriflegetonte”.

Io sono sempre stupefatto dalla noncuranza con la quale gli uomini ammettono che i sassi, i pioppi e i gatti nulla lasciano di sé quando muoiono; e però vogliono per sé stessi una eccezione ed arrivano addirittura ad inventarsi la resurrezione dei ‘loro’ corpi.

Facciamo allora il punto.

Zeus è il nome che Epitteto e gli Stoici danno all’insieme di tutta la Materia Immortale di cui consta il cosmo, ossia alla ‘divinità’. Il cosmo, a sua volta, è soggetto a continui mutamenti ed incessanti trasformazioni ma è non soggetto a nascita o morte, giacché è composto di Materia Immortale la quale segue leggi ben precise nei suoi passaggi di stato. Materialità è dunque sinonimo di Zeus, cioè di divinità. 

Ora, riconoscere che tutto ciò ch’è materiale è ‘divino’, significa anche riconoscere che tutto ciò ch’è ‘aproairetico’, ossia tutto ciò che è non in esclusivo potere dell’uomo, è divino: dunque divini sono i sassi e le piante, il fango e gli animali, gli astri, gli escrementi e così via. Anche l’uomo, quanto al suo corpo, è divino. Infatti, immortale è la materia della quale questo suo corpo è formato, e divina è la capacità di questo corpo di esprimere da se stesso la facoltà chiamata ‘proairesi’. Insomma, l’uomo è circondato dal divino ed è esso stesso divino. Quali sono allora le caratteristiche che differenziano ciò ch’è ‘proairetico’ ossia ‘in esclusivo potere della nostra proairesi’ ossia ‘umano’, da ciò ch’è ‘aproairetico’ ossia ‘non in esclusivo potere della nostra proairesi’ ossia ‘divino’? 

Ciò ch’è in nostro esclusivo potere, ossia ‘proairetico ed umano’, è per natura mortale, complesso, infinito, libero, non soggetto a impedimenti e non soggetto a costrizioni; mentre ciò ch’è non in nostro esclusivo potere, ossia ‘aproairetico e divino’ è per natura immortale, finito, schiavo, soggetto ad impedimenti e a costrizioni ad opera di agenti aproairetici che siano di volta in volta di esso più potenti. 

Questa simmetria è però sorprendentemente ma naturalmente violata da una caratteristica peculiare della proairesi umana. Mentre infatti nell’ambito del ‘divino’ l’inferiore subisce sempre e senza eccezione la forza del superiore, nell’ambito dello ‘umano’ la infinita libertà e potenza della proairesi le permette di negare la sua stessa libertà e potenza, col risultato di farla ritenere inferiore a ciò di cui è invece per natura superiore. 

Nella terminologia di Epitteto -e finora di nessun altro filosofo- l’operazione proairetica con la quale lo ‘umano’ si dichiara e riconosce diverso e superiore al ‘divino’ si chiama ‘diairesi’; mentre l’operazione con la quale lo ‘umano’ si dichiara e riconosce inferiore al ‘divino’ si chiama ‘controdiairesi’. 

Chiarite queste fondamentali premesse cosa ne è, per l’uomo, di Dio e degli Dei? 

A differenza di Zeus, che è Materia Immortale e dunque un’entità aproairetica e divina che si identifica con il cosmo, gli Dei sono libere creazioni della proairesi umana e sono pertanto entità esclusivamente proairetiche. Proprio per il fatto di essere entità proairetiche essi possono essere creature della diairesi oppure della controdiairesi dell’uomo. E siccome diairesi e controdiairesi sono a noi connaturate ed esisteranno finché esisterà il genere umano, unica è l’origine tanto degli Dei del politeismo che del Dio del monoteismo: la proairesi umana che usa in modo scorretto le rappresentazioni e vede il proprio bene e il proprio male fuori di sé, in ciò ch’è aproairetico e divino. Si chiamino Apollo, o Osiride, o Rama, o si tratti del Dio personale e trascendente dei monoteismi rivelati, dunque il Dio di Mosè, di Gesù Cristo e di Maometto, la sostanza non cambia. Esso è un’entità proairetica che non fu e non sarà mai Materia Immortale ma che sempre è, giacché è fatto in ogni tempo esistere dall’atteggiamento controdiairetico della proairesi degli uomini. È ben per questo che un Dio simile non ha bisogno di esistere per essere creduto. 

A fronte di un ricchissimo Pantheon di dei buoni e cattivi, diversi da cultura a cultura e da paese a paese, quando sia invece usata rettamente la proairesi dell’uomo è capace di concepire di sé e della Materia Immortale delle rappresentazioni felicitanti, virtuose, liberatorie ed aderenti alla natura delle cose, che sono appunto quelle alle quali Epitteto ci sollecita continuamente ad aderire.