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Scritti originali

DIALOGO V

Gige: Diairesi e Controdiairesi, Bene e Male

Οὐ μὲν οὖν τῇ ἀληθείᾳ, φάναι, ὦ φιλούμενε Ἀγάθων, δύνασαι ἀντιλέγειν, ἐπεὶ Σωκράτει γε οὐδὲν χαλεπόν.

“Mio amato Agatone -replicò allora Socrate- è alla verità che tu non puoi opporre argomenti, giacché a quelli di Socrate non è affatto difficile opporne”

Platone ‘Simposio’ 201D

Il dialogo riferisce le vicende di Gige come ci sono raccontate nell’opera di Erodoto. L’analisi approfondita di queste vicende permette di vedere con tutta chiarezza che Bene e Male esistono e cosa sono.

Dopo qualche giorno Muriel, Irene e Raniero si sono ritrovati nel piccolo anfiteatro ed hanno ripreso le loro conversazioni.
-Qualche tempo fa, ha esordito Raniero, rileggevo alcuni capitoli del primo libro delle ‘Storie’ di Erodoto e sono capitato là dove si parla di Gige. Le vicissitudini di Gige ruotano intorno a delle scelte e la vicenda in cui egli è coinvolto mi sembra un ottimo esempio per capire che cosa sono e dove stanno il ‘bene’ e il ‘male’ e che cosa si debba intendere per corretto uso della proairesi
-Non ho mai sentito parlare di questa storia e volentieri la ascolto, ha detto Muriel
-Anche a me il nome di Gige suona del tutto nuovo e mi piacerebbe molto saperne di più, ha aggiunto Irene
-Ecco dunque la storia, ha proseguito Raniero, così come la racconta Erodoto.

*Candaule, re della Lidia, era innamorato della sua sposa e, innamorato com’era, riteneva di possedere la donna di molto più bella di tutte. Poiché aveva questa opinione e fra le guardie del corpo Gige, figlio di Daskylos, era a lui particolarmente caro, Candaule gli confidava anche i più importanti dei suoi affari e gli parlò perfino della bellezza della moglie, lodandola oltre misura. Un giorno il re fece a Gige questo discorso: ”Gige, io penso che tu non mi presti fede quando ti parlo della bellezza della mia sposa. Fa dunque in modo di vederla nuda”. Al che Gige replicò con voce concitata: “Signore, qual mai insano discorso fai tu, invitandomi a guardare la mia sovrana nuda? Con lo spogliarsi delle vesti la donna si spoglia anche del  pudore. Da molto tempo gli uomini hanno trovato buoni precetti dai quali bisogna imparare, ed uno di essi è questo: che ognuno abbia cura delle cose sue. Io sono persuaso che la regina sia la più bella di tutte le donne e ti prego di non chiedermi cose che sono contro ogni legge”. Egli dunque così dicendo si schermiva, temendo gliene potesse venire qualche male. Ma Candaule rispose: “Rassicurati, Gige, e non temere né di me, che io ti faccia qualche proposta per metterti alla prova; né di mia moglie, che tu riceva da lei qualche danno; perché farò in modo che essa non sappia neppure di essere stata vista da te. Io ti collocherò nella camera in cui dormiamo, dietro la porta lasciata aperta. Dopo che io sarò entrato, subito anche la mia sposa verrà a coricarsi. Accanto all’ingresso c’è uno sgabello: su questo essa riporrà le vesti, spogliandosene ad una ad una, e con tutta calma tu potrai contemplarla. Poi, quando ella si dirigerà dallo sgabello al letto e tu verrai a trovarti alle sua spalle, fai attenzione allora di non essere visto mentre esci dalla porta”. Così Gige, dal momento che non  poteva esimersi, era pronto ad ubbidire. Candaule, quando gli parve che fosse l’ora di coricarsi, lo condusse nella camera, e poi subito comparve anche la moglie e mentre essa, entrata, deponeva gli abiti, Gige la osservava. Quando poi si trovò alle spalle della donna che si dirigeva verso il letto, di soppiatto uscì fuori. La donna lo scorse mentre usciva ma, avendo compreso ciò che il marito aveva fatto, non gridò di vergogna e fece finta di non essersi accorta di nulla, avendo in mente di vendicarsi di Candaule. Presso i Lidi infatti, come in genere anche presso gli altri barbari, è causa di grande disonore, anche per  un uomo, l’essere visto nudo. Per il momento dunque la regina se ne stette tranquilla, senza far mostra di nulla. Ma appena venne giorno, avvertiti quei servi che ella sapeva esserle più fedeli, mandò a chiamare Gige. Quello, credendo che non sapesse nulla dell’accaduto, accolse l’invito, giacché anche prima soleva fare visita alla sovrana quando ella lo chiamava. Appena Gige fu giunto, la donna gli disse: “Ora, Gige, di due strade che ti sono davanti ti lascio scegliere per quale tu voglia dirigerti. O, ucciso Candaule, ti prendi me e il regno di Lidia oppure conviene che tu stesso muoia, affinché per l’avvenire tu non abbia a vedere, obbedendo in tutto a Candaule, ciò che non devi vedere. Orsù dunque, bisogna che perisca o lui, che ha ordito questo tranello, o tu, che mi hai vista nuda e hai commesso un’azione non lecita”. Gige dapprima rimase sbalordito davanti a questo discorso, ma poi supplicò la regina di non costringerlo ad una simile scelta. Non riuscì però a persuaderla e si vide realmente nella necessità o di uccidere il suo signore o di perire egli stesso per mano altrui. Scelse di sopravvivere e le domandò: ”Poiché mi costringi a uccidere il mio signore contro la mia volontà, suvvia, ch’io sappia il modo in cui lo assaliremo”. La regina rispose: ”L’attacco avverrà nello stesso luogo in cui lui mostrò me nuda, e lo assaliremo mentre dorme”. Così tramarono l’insidia e, venuta la notte, Gige -poiché non veniva lasciato libero né aveva alcuna via di scampo, ma era necessario che o lui o Candaule perisse- seguì nella camera da letto la donna la quale, datogli un pugnale, lo nascose dietro la stessa porta. Più tardi, mentre Candaule dormiva, Gige uscì dal nascondiglio, lo uccise ed ebbe la donna e il regno.* 

-Che ve ne pare?
-Una storia davvero interessante, disse Irene
-A me piacerebbe che la esaminassimo, propose Raniero, entrando nella testa dei tre personaggi e vedendo cosa succede nella loro proairesi. Se anche voi credete che ne valga la pena, possiamo tentare di procedere accontentandoci di un pur sommario esame. Visto che noi siamo in tre e i personaggi in questione sono tre, potremmo affidarne uno a ciascuno di noi
 -Io sono d’accordo, disse piuttosto eccitata Irene. Propongo che Raniero sia il primo, perché così potrà anche darci una utile traccia, e che ci parli di Candaule. Che Muriel ci parli della regina e che io, per ultima, parli di Gige. Vi va?
-Uauh! sbottò Muriel, Irene mi mette davanti ad una prova che mi fa venire la tremarella, ma non mi tirerò indietro e farò del mio meglio per essere all’altezza della situazione
-Allora comincio io, disse rassicurante Raniero. Non siamo davanti ad una commissione d’esame. Noi cerchiamo soltanto di capire meglio certe cose e ci daremo una mano vicendevolmente. Dunque, diamo per scontato che la regina fosse davvero la più venusta di tutte le donne. Diamo parimenti per scontato che tutti i sudditi fossero sinceramente convinti di ciò, Gige compreso
-Gia! disse Irene; allora perché Candaule interroga Gige?
-Lo interroga, rispose Raniero, perché il re è evidentemente un individuo che non sopporta neppure il dubbio che altre persone abbiano giudizi diversi dai suoi, in quanto ritiene ciò un ‘male’ per lui. Dubitando di Gige, Candaule decide di convincerlo che effettivamente sua moglie è di gran lunga la più venusta di tutte le donne. Per raggiungere questo scopo egli progetta di mostrare a Gige la regina nella sua sontuosa nudità, giudicando che questa sarebbe una visione capace di far confessare a Gige la verità. Il progetto che Candaule deve mettere in opera a questo fine è assai rischioso, poiché egli sa perfettamente che Gige deve ‘vedere ma non essere visto’ dalla regina la quale, se scoprisse il tranello e sapesse di essere stata vista nuda da un estraneo, si vendicherebbe dell’oltraggio. Tuttavia Candaule giudica più nefasto per lui il dubbio che ha sui giudizi di Gige che non l’eventuale vendetta della moglie. Gige, dunque, ha modo di contemplare la sua regina nuda e, possiamo tranquillamente esserne certi, giura e spergiura poi a Candaule di essere ora affatto persuaso che la regina sia la donna più bella di tutte. Il progetto del re sembra essersi realizzato alla perfezione. Candaule è felice e si sente ‘bene’ perché ha ottenuto ciò che desiderava. Gige è felice e si sente ‘bene’ perché ha ottenuto ciò che desiderava. La realtà è invece che né Candaule né Gige sanno come stiano in effetti le cose. Vediamo allora come e perché è così. Noi possediamo ormai gli strumenti per esaminare il personaggio Candaule per quanto riguarda l’aspetto ‘proairetico/aproairetico’ e per quanto riguarda l’aspetto ‘bene/male’. Cominciamo dall’aspetto ‘proairetico/aproairetico’. La prima domanda che io mi pongo è questa: il giudizio di Gige sulla venustà della moglie di Candaule è cosa proairetica o aproairetica? Mi rispondo -e se non siete d’accordo interrompetemi- così: proairetica per Gige ma aproairetica per chiunque altro, Candaule compreso. Adesso mi chiedo: sappiamo cosa pensa Candaule al riguardo? Certamente, poiché ce lo dice egli stesso. Egli pensa che il giudizio di Gige sia cosa che deve essere in esclusivo potere suo, di Candaule, ossia proairetica; e non sopportando il dubbio di non dominare la proairesi di Gige, mette in opera il progetto che sappiamo. Insomma il pensiero di re Candaule si potrebbe riassumere così: ‘Io sono il re e la proairesi dei miei sudditi è cosa mia!’ Il progetto che Candaule elabora per dominare la proairesi di Gige può essere suddiviso in due elementi. Il primo è la concezione del progetto, il secondo è la realizzazione del progetto. E noi sappiamo già che la concezione di un progetto è cosa proairetica mentre la sua realizzazione è cosa aproairetica. Adesso mi pongo la terza domanda: Candaule pensa che la realizzazione del suo progetto sia cosa proairetica o aproairetica? Certamente proairetica, poiché ce lo dice il suo comportamento. Candaule è certo, senza riserve, che Gige vedrà senza essere visto. Il pensiero di Candaule in proposito si potrebbe riassumere così: ‘Il re propone e il re dispone!’ Esaminiamo ora il personaggio Candaule sotto l’aspetto ‘bene/male’. Noi sappiamo che nulla di aproairetico può mai essere ‘bene’ o ‘male’ e che ‘bene’ è soltanto il giudizio di una retta proairesi, ‘male’ il giudizio di una proairesi che opera non rettamente. Dunque noi sappiamo che ‘bene’ è il giudizio: ‘il giudizio altrui non è né bene né male’. Sappiamo anche che ‘male’ sono i due giudizi: ‘il giudizio altrui è bene’ e ‘il giudizio altrui è male’. Cosa pensa Candaule al riguardo? Basta, anche qui badare alle sue parole e osservare il suo comportamento. Il re pensa che il giudizio di Gige sulla venustà della regina è ‘male’ se è differente dal suo, di Candaule. Successivamente cade dalla padella nella brace: infatti pensa che il giudizio di Gige sulla venustà della regina è ‘bene’ poiché è diventato uguale al suo. Riassumiamo. Candaule in almeno due casi erra perché giudica proairetico ciò che per natura delle cose noi sappiamo invece essere aproairetico. Inoltre Candaule è nel ‘male’ perché ha almeno una coppia di giudizi che noi sappiamo essere la forma che prende una proairesi che non opera rettamente. Cosa diremo a Candaule? Gli diremo: ‘Fermati, Candaule, fermati! Quello che tu credi amore, quella che tu credi felicità e ‘star bene’ poggia su fondamenta errate, irrispettose della natura delle cose. Fermati e cambia i tuoi giudizi. Soltanto usando la Diairesi potrai sfuggire la tragica catena di errore, vizio, infelicità che già vediamo stretta intorno alla tua gola!’

-Adesso tocca a me, disse con un po’ di timore Muriel. Parlando della regina io però mi limito, se siete d’accordo, soltanto all’aspetto ‘bene/male’
-È più che sufficiente questo, annuirono Irene e Raniero
-Noi sappiamo già, proseguì allora Muriel, che ‘bene’ è il giudizio: ‘L’essere vista nuda da altri occhi non è né bene né male’. Sappiamo anche che ‘male’ è la coppia di giudizi: ‘L’essere vista nuda da altri occhi è bene’ e ‘L’essere vista nuda da altri occhi è male’. Quali sono i giudizi della regina? A parere mio è fuori di dubbio che i giudizi della regina sono i seguenti: ‘L’essere vista nuda da Candaule è bene’ e ‘L’essere vista nuda da Gige è male’. Ella giudica che lo sguardo di Candaule abbia il potere di cingerla del ‘bene’ mentre pensa che quello di Gige abbia avuto il potere di metterla nella vergogna, in una condizione di ‘male’ insopportabile. L’oltraggio è stato talmente grave da meritare una vendetta. Né Candaule né Gige sanno che la regina ha scorto quest’ultimo mentre usciva dalla camera da letto ed ella, mentre Candaule la abbraccia e la penetra, ragiona così: ‘Io sono la regina e l’essere vista nuda dal mio sposo Candaule è per me ‘bene’. Ma ora io so che anche Gige mi ha vista nuda e questo è per me ‘male’. Gige non avrebbe mai potuto vedermi nuda se non fosse stato autorizzato e forse istigato a ciò da Candaule. Dunque Candaule mi ha tradito ed è innanzitutto su di lui che debbo vendicarmi. Ma anche Gige, il quale obbedisce in tutto a Candaule, merita di morire affinché per l’avvenire non abbia a vedere ciò che non deve vedere. Io farò dunque perire o l’uno o l’altro, così da poter tornare ad essere cinta di ‘bene’ e di nuovo dire a me stessa: ‘L’essere vista nuda da X è per me bene’. A questo punto la regina opera sull’anello più debole e progetta di mettere Gige contro Candaule. Chiamato Gige, lo pone di fronte all’alternativa di morire o di uccidere il re. La proairesi della regina ha concepito non una fantasticheria ma un vero progetto omicida. Sappiamo che questa concezione è proairetica e che ‘bene’ e ‘male’ sono caratteristiche unicamente di ciò che è proairetico. Consentitemi di trascurare l’analisi della realizzazione del progetto omicida della regina -che andrà ad effetto attraverso la mano di Gige armata da lei-, la presa del potere da parte di Gige e le nuove nozze della regina con Gige. Salto direttamente alla domanda: la concezione di questo progetto omicida da parte della regina è ‘bene’ o è ‘male’? Giunti a questo passaggio io so di avere una risposta ma non so come giustificarla. Ho bisogno che tu Raniero mi dia una mano per chiarire questo punto. Infatti se ‘bene’ e ‘male’ sono caratteristiche unicamente di ciò che è proairetico, se essi non sono altro che atteggiamenti diversi della proairesi, quando possiamo dire che quel certo modo della proairesi è ‘bene’ e che quell’altro modo della proairesi è ‘male’? Oppure, detto in termini leggermente diversi: quando potremo dire che quella certa concezione della proairesi è ‘bene’ e che quell’altra concezione della proairesi è ‘male’?

-Ti ringrazio, rispose Raniero, della fiducia che mi dai e proverò a darti una risposta. Io mi pongo questa domanda: tutto ciò che è proairetico e dunque in nostro esclusivo potere è forse ‘bene’? Qualunque nostra concezione, impulso, desiderio, avversione, assenso e così via sono ‘bene’ per il semplice fatto di essere cose proairetiche? Certamente no, poiché noi sappiamo che possono anche essere ‘male’, mentre nulla di aproairetico può essere ‘bene’ o ‘male’. Quando, dunque definiremo una nostra concezione, impulso, desiderio, avversione, assenso e così via ‘bene’ e quando la definiremo ‘male’? Il problema è serio, perché anche in questo caso abbiamo bisogno di trovare un canone, un criterio che abbia la caratteristica di essere ‘invariante’ ossia di non risentire di qualunque differenza di ideologia, cultura, razza, religione, lingua, età, sesso, e così via tra gli esseri umani. Vi ricordate di quando abbiamo concluso che esiste una natura delle cose anche nell’ambito di ciò che è proairetico e che le nostre concezioni, desideri, assensi e così via sono aspetti di una stessa grandezza invariante ed infinita che abbiamo chiamato ‘libertà’? La nostra proairesi è questa grandezza invariante ed infinita e come tale essa è per natura delle cose libera, inasservibile e insubordinabile. Qual è dunque il canone che cerchiamo? Io penso che la risposta può essere formulata in questi termini: “La proairesi è nel ‘bene’ quando mantiene se stessa libera, inasservibile e insubordinabile. La proairesi è nel ‘male’ quando non mantiene se stessa libera, inasservibile e insubordinabile”. La proairesi è una grandezza infinita e nulla di finito può esserle superiore, dunque nulla di aproairetico può limitarla. Essa soltanto può scegliere di travestirsi e di apparire schiava, serva, subordinata. La proairesi è nel ‘male’ quando opera su se stessa questo pervertimento, e propongo di chiamare questo pervertimento ‘Controdiairesi’. Quando la nostra proairesi controdiairesizza, essa afferma non essere in suo esclusivo potere quanto invece è in suo esclusivo potere per natura delle cose. Quando usa la Controdiairesi, la nostra proairesi si deresponsabilizza e presenta se stessa come condizionata o inferiore a grandezze finite. Diairesi e Controdiairesi appaiono così come fossero i due modi che la proairesi ha di ruotare su se stessa, mentre la realizzazione di ciò che l’una o l’altra decidono è affidata, quand’è il caso, all’Antidiairesi, la quale può essere complementare a tutte e due. Trovato il canone, credo che abbiamo trovato risposta alla domanda che ci eravamo posti e che possiamo così tornare alla regina.

-Caro Raniero, sei impagabile, gli sorrise Muriel. Spero di avere capito bene e di essere ora in grado di portare a termine il mio compito. Noto soltanto, per inciso, che allora i giudici presenti nella proairesi intesa come Tribunale sarebbero tre: Controdiairesi, Diairesi e Antidiairesi. Dunque, sappiamo che Candaule e Gige sono per la regina entità aproairetiche. Se la proairesi della regina concepisce necessaria l’eliminazione di Candaule o di Gige significa che giudica la loro esistenza come una diminuzione della propria libertà. Ma se la proairesi giudica che la sua propria libertà possa essere diminuita da qualcosa di aproairetico non giudica più se stessa come libertà infinita. La proairesi della regina non usa la Diairesi ma la Controdiairesi. La proairesi delle regina ha pervertito se stessa ed è dunque nel ‘male’. Riassumo. Come Candaule anche la regina è nel ‘male’ perché ha almeno una coppia di giudizi che noi sappiamo essere la forma che prende una proairesi incapace di operare rettamente. Per di più la proairesi della regina è nel ‘male’ perché, usando la Controdiairesi, si è pervertita e si nutre di un preciso progetto omicida. Cosa diremo alla regina? Le diremo: ‘Che notte è stata questa per te, regina! D’improvviso sono cadute le ghirlande dai muri della reggia. Fermati, regina, fermati e cambia i tuoi giudizi! Se non usi la Diairesi saranno nozze di sangue quelle che celebrerai e l’infelicità sarà la perenne invitata ai tuoi banchetti.’

-Cara Muriel, disse Irene; altro che tremarella! Mi parevi un libro stampato! Adesso che tocca a me, non so davvero se mi riuscirà la tua precisione e la tua chiarezza. Io devo prendere ora in esame il comportamento di Gige. Gige è ovviamente il più debole dei tre e potrebbe dire: ‘Il re mi ha imposto di vedere la regina nuda ed io non ho potuto rifiutarmi al suo comando. La regina mi ha costretto a fare qualcosa contro la mia volontà ed io non ho potuto rifiutarmi al suo comando’. Vediamo come stanno invece in realtà le cose. Gige viene posto da Candaule di fronte ad una alternativa che riguarda il rispetto o la violazione di una legge. Questa legge, in effetti, si chiamerebbe molto meglio un semplice modello -questa volta sì davvero- ‘culturale’, perché ci troviamo frammezzo a persone che credono essere un grande disonore, anche per un uomo, l’essere visto nudo. La legge in questione, che esclude ovviamente il solo re, si potrebbe riassumere così: ‘Tu non vedrai mai nuda la tua regina’. Raniero ha già esaminato i motivi per cui Candaule presenta a Gige questa alternativa e sappiamo dal racconto di Erodoto che, nonostante le rassicurazioni del re, Gige si viene a trovare in una situazione nella quale non può esimersi di scegliere. Candaule sa bene che sta dicendo a Gige: ‘Viola la legge’ e Gige è pienamente cosciente di ciò. Il comando del re mette dunque Gige nella seguente contraddizione: ‘Ubbidire al re mi è utile (perché continuerò ad ottenerne i favori)’ e ‘Ubbidire al re non mi è utile (perché violo una legge)’. Sappiamo che la contraddizione è insopportabile e che va rapidamente risolta. È chiaro dal racconto di Erodoto che Gige tenderebbe a scegliere di non violare la legge, ma disubbidendo al re egli è certo che ne perderebbe i favori. Gige sa che non violando la legge manterrebbe la sua proairesi libera, inasservita e insubordinata. Ma questo significa disubbidire al re e perderne i favori. Se invece ubbidirà al re e violerà la legge, Gige sa che conserverà i favori del re a costo, però, di controdiairesizzare e quindi di rendere la sua proairesi schiava, asservita e subordinata. Sappiamo cosa sceglie Gige. Avendo in vista non più se stessa ma essendosi infatuata di cose aproairetiche come i favori del re, la proairesi di Gige si è pervertita ed è dunque nel ‘male’. È tanto vero che la proairesi di Gige sta usando la Controdiairesi, che essa si trova nella necessità di giustificare la rinuncia alla sua infinita libertà. Questa giustificazione prende ‘invariabilmente’ per qualunque essere umano appartenente a qualunque cultura, civiltà, sesso, religione, lingua e così via la forma ‘è colpa di un altro’. La proairesi non più libera e padrona di se stessa a causa dell’uso della Controdiairesi, è costretta ‘invariabilmente’ a proiettare fuori di sé la causa della sua perversione in quanto è, almeno temporaneamente, impossibilitata a riconoscersi per quello che è per natura delle cose. Gige dunque dirà che la sua scelta è colpa del re. E cosa diremo noi a Gige? Gli diremo: ‘Fermati, Gige, fermati! A che vile prezzo vendi la tua proairesi! La vendi a prezzo di indigestioni e di ubriachezza. Non usare la Controdiairesi. Cambia i tuoi giudizi, cambiali prima che tu sia costretto a un banchetto di sangue!’. Passano poche ore e Gige si trova per la seconda volta in una situazione, per lui del tutto inattesa, che gli impone una scelta. Questa volta è la regina a proporgliela ed è subito una scelta brutale tra la vita e la morte. Gige entra nella seguente contraddizione: ‘Ubbidire alla regina mi è utile (perché vivrò, avrò la regina e il regno)’ e ‘Ubbidire alla regina non mi è utile (perché diventerò assassino del mio re)’. La contraddizione è insopportabile e va rapidamente risolta. È chiaro dal racconto di Erodoto che Gige tenderebbe a scegliere di non uccidere Candaule, ma questo significherebbe la sua morte. E Gige sceglie di vivere. Dimentichiamo per un momento che la proairesi di Gige è già nel ‘male’ a causa della sua prima Controdiairesi e trascuriamo del tutto l’influenza di questo stato. Non uccidendo il re egli manterrebbe la sua proairesi (ammesso e non concesso che essa fosse nel ‘bene’) libera, inasservita, insubordinata, ma questo significherebbe la sua morte. Uccidendo il re Gige otterrebbe la vita, la regina e il regno a prezzo, però, della perversione della propria proairesi. Sappiamo cosa Gige sceglie e sappiamo anche che egli ne attribuisce la colpa, questa volta, alla regina. Cosa diremo a Gige? Gli diremo: ‘Fermati, Gige, fermati! La tua proairesi è doppiamente nel ‘male’. Cambia i tuoi giudizi, usa la Diairesi e rinuncia al banchetto di sangue. Gige oggi si salva morendo, non uccidendo!’-
Seguì un lunghissimo momento di silenzio.
-Per oggi, disse poi sommessamente Raniero, mi pare che abbiamo esaminato parecchie cose e che sia ora di andare a preparare la cena. Ti fermi con noi a cena, Muriel?
-Ho una gran voglia di un buon bicchiere di retsina, rispose Muriel con gli occhi umidi
-Metteremo il tavolo sul grande terrazzo, mangeremo e poi, disse Irene, aspetteremo di vedere accendersi piano piano nel cielo le stelle.