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PILOTINA STOICA USS 06

Natura delle Cose

-Non so, diceva.- Invero ignorare il criterio dei colori, degli odori ed ancora dei sapori non è, caso mai, gran punizione; ma reputi piccola la punizione per chi ignora quello del bene e del male, del secondo la natura delle cose e del contro la natura delle cose per l’uomo? -La massima, dunque.-
Epitteto: “L’albero della diairesi” Libro 1, Capitolo 11, § 11

Vengo e ricerco cosa dice questo interprete della natura delle cose. Inizio a non capire cosa dice e cerco il commentatore. “Ecco, esamina… Com’è detto bene questo, appunto come in latino!” Qua, dunque, quale giustificazione ha il cipiglio del commentatore? Neppure giustamente di Crisippo stesso, se soltanto spiega il piano della natura e lui non lo segue. Quanto più ciò vale per il suo commentatore? Giacché non abbiamo bisogno di Crisippo per Crisippo, ma per comprendere la natura delle cose. Né abbiamo bisogno del sacrificatore per il sacrificatore, ma perché attraverso quello crediamo di capire l’avvenire e quanto è significato dagli Dei. Né abbiamo bisogno delle viscere per le viscere, ma perché attraverso quelle è significato qualcosa. Né ammiriamo il corvo o la cornacchia, ma Zeus che significa attraverso queste creature. Vengo quindi da questo interprete e sacrificatore e dico: “Esaminami le viscere, cosa mi significano”. Lui le prende, le sbroglia, poi spiega: “Uomo, tu hai una proairesi per natura non soggetta ad impedimenti  e non soggetta a costrizioni. Qui, nelle viscere, questo è stato scritto. Te lo mostrerò innanzitutto nell’ambito dell’assenso. Può forse qualcuno impedirti di annuire al vero? Neppur uno. Può forse qualcuno costringerti ad accettare il  falso? Neppur uno. Vedi che  in questo ambito il proairetico l’hai non soggetto ad impedimenti, non soggetto a costrizioni, disimpacciato? Orsù, è diverso nell’ambito del desiderio e dell’impulso? Chi può vincere un impulso se non un altro impulso? Chi un desiderio ed un’avversione se non un altro desiderio ed un’altra avversione?” “Se,” qualcuno dice, “uno mi appresserà la paura della morte, mi costringe”. “Non è quanto viene appressato a costringerti, ma è che reputi meglio fare una di queste cose che morire. Di nuovo dunque il tuo giudizio ti costrinse; ossia proairesi costrinse proairesi. Se infatti la parte peculiare che Zeus ci diede spiccandosela, egli avesse strutturato soggetta ad impedimenti o costrizioni  sue o di qualcun altro, non sarebbe più materia immortale né sarebbe sollecita di noi nel modo dovuto. Questo trovo” dice, “nelle vittime sacrificali. Questo ti significano. Se lo disporrai sei libero. Se lo disporrai non biasimerai nessuno, non incolperai nessuno, tutto sarà secondo l’intelligenza insieme tua e quella di Zeus”. Per questo dono divinatorio vengo da questo sacrificatore e filosofo, non ammirando lui per la spiegazione ma quello che spiega.
Epitteto: “L’albero della diairesi” Libro 1, Capitolo 17, § 16-29

O uomo, se devi  disporti contro la natura delle cose circa i mali allotrii, commiseralo piuttosto che odiarlo. Lascia questa facoltà atta ad offendersi e ad odiare.
Epitteto: “L’albero della diairesi” Libro 1, Capitolo 18, § 9

Cos’è dunque educarsi a diairesizzare? Imparare ad adattare i naturali pre-concetti alle particolari sostanze in modo consono alla natura delle cose e, orbene, a discriminare che, delle cose, alcune sono in nostro esclusivo potere mentre altre non sono in nostro esclusivo potere. Sono in nostro esclusivo potere la proairesi e tutte le opere della proairesi; non sono in nostro esclusivo potere il corpo, le parti del corpo, patrimoni, genitori, fratelli, figlioli, patria, insomma i soci. Dove porremo dunque il bene? A quale sostanza lo adatteremo?
Epitteto: “L’albero della diairesi” Libro 1, Capitolo 22, § 9-11

Tu che te ne vai al processo, vedi cosa vuoi serbare e dove vuoi concludere. Giacché se disponi di serbare la proairesi in accordo con la natura delle cose, hai ogni sicurezza, ogni facilitazione, non hai fastidi. Disponendo infatti di serbare incondizionato quanto è in tuo esclusivo potere e quanto è libero per natura e di questo accontentandoti, di cosa ti impensierisci ancora? Chi è suo Signore, chi può sottrartelo? Se disponi di essere rispettoso di te e degli altri e leale, chi non te lo permetterà? Se disponi di non essere impedito né costretto, chi ti costringerà a desiderare ciò che non reputi; chi ad avversare ciò che non ti pare? Però uno ti effettuerà cose che sembrano paurose. E come può far anche che tu le sperimenti con avversione? Qualora dunque sia in tuo esclusivo potere desiderare ed avversare, di cosa ti impensierisci ancora?
Epitteto: “L’albero della diairesi” Libro 2, Capitolo 2, § 1-6

Ma il grande è questo: riservare a ciascuna cosa la facoltà che ha e, riservatala, vedere il valore della facoltà. Decifrare poi cos’è più possente e questo perseguire in ogni circostanza, su questo industriarsi, dopo avere fatto il resto accessorio e facendo  tuttavia del proprio meglio per non trascurarlo. Giacché bisogna esser solleciti degli occhi, ma non come della cosa più possente; piuttosto, anche degli occhi in funzione di quanto è più possente. Perché quello non starà secondo la natura delle cose altrimenti che operando razionalmente con questi e scegliendo certi oggetti invece di altri.
Epitteto: “L’albero della diairesi” Libro 2, Capitolo 23, § 34-35

O uomo, il proponimento era di strutturarti ad usare secondo la natura delle cose le rappresentazioni che ti incolgono; nel desiderio non fallendo il segno; nell’avversione non incappando in quanto avversi; mai sfortunato, mai preda di cattiva fortuna, libero, non soggetto ad impedimenti, non soggetto a costrizioni; conciliato al governo di Zeus, a questo governo ubbidiente, di questo governo compiacendoti; non biasimando nessuno, non accagionando nessuno, potendo dire queste righe dall’animo intero: *Conducimi, o Zeus, e proprio tu o Fato*.
Epitteto: “L’albero della diairesi” Libro 2, Capitolo 23, § 42

-Ma non sono un erudito?- Ed a che scopo ti erudisci? Schiavo! Non è per essere sereno? Non è per essere stabile? Non è per stare e spassartela in accordo con la natura delle cose? Cosa impedisce che chi ha la febbre abbia l’egemonico in accordo con la natura delle cose? Qua è il controllo della faccenda, la valutazione di chi fa filosofia. Giacché è parte della vita anche questo, cioè la febbre, come una passeggiata, come un viaggio per mare o per terra.
Epitteto: “L’albero della diairesi” Libro 3, Capitolo 10, § 10-11

“Come uso le rappresentazioni che mi incolgono? Secondo la natura delle cose o contro la natura delle cose? Come rispondo loro? Come si deve o come non si deve? Soggiungo all’aproairetico che nulla è per me?” Giacché se non state ancora così, fuggite le abitudini di prima, fuggite le persone comuni, se intendete iniziare una volta ad essere qualcuno.  
Epitteto: “L’albero della diairesi” Libro 3, Capitolo 16, § 15-16

Se invece riferirà la fatica al proprio egemonico, per averlo e spassarsela secondo la natura delle cose, allora soltanto lo dico laborioso. Non lodate e non  denigrate mai in base ai luoghi comuni, ma in base ai giudizi. Sono infatti questi il  peculiare di ciascuno e sono essi che fanno le azioni brutte o belle.
Epitteto: “L’albero della diairesi” Libro 4, Capitolo 4, § 43-44 

Delle cose che sono, alcune sono in nostro esclusivo potere mentre altre non sono in nostro esclusivo potere. In nostro esclusivo potere sono concezione, impulso, desiderio, avversione e, in una parola, quanto è opera nostra. Non sono in nostro esclusivo potere il corpo, il patrimonio, la reputazione, le cariche e, in una parola, quanto non è opera nostra. Le cose in nostro esclusivo potere sono per natura libere, non soggette ad impedimenti, non soggette ad impacci; mentre le cose non in nostro esclusivo potere sono deboli, serve, soggette ad impedimenti, allotrie. Ricorda dunque che se crederai libero quanto per natura delle cose è servo, e peculiare quanto è allotrio, sarai intralciato, piangerai, sarai sconcertato, biasimerai dei ed uomini. Se invece crederai tuo solo quanto è tuo ed allotrio, com’è, l’allotrio; nessuno mai ti costringerà, nessuno ti impedirà; non biasimerai nessuno, non incolperai nessuno, non effettuerai neppure una sola cosa tuo malgrado, non avrai nemici personali, nessuno ti danneggerà giacché non sperimenterai nulla di dannoso. Prendendo dunque di mira cose così rilevanti, ricorda che bisogna accostarsi ad esse non equilibratamente mossi ma che si deve tralasciarne alcune totalmente ed altre, per il presente, posporle. Se vorrai tanto queste cose quanto occupare cariche ed essere ricco di denaro, per il fatto di prendere di mira anche le precedenti non centrerai, caso mai, neppure queste; ma fallirai affatto quelle attraverso cui soltanto promanano libertà e felicità. Subito dunque, ad ogni rappresentazione scabrosa studia di soggiungere che “Sei una rappresentazione e non affatto quanto appari”. Poi indagala e valutala con questi canoni che hai, ed innanzitutto e soprattutto con questo: se è di cose in nostro esclusivo potere o di cose non in nostro esclusivo potere. E se sarà di qualcuna delle cose non in nostro esclusivo potere, ti sia a portata di mano che “Nulla è per me”.
Epitteto: “L’albero della diairesi” Il Manuale, § 1

Qualora stia per accostarti ad un’opera, richiamati alla memoria qual è la natura dell’opera. Se te ne andrai per fare un bagno caldo, mettiti davanti gli avvenimenti alle terme: quelli che spruzzano, quelli che spintonano, quelli che ingiuriano, quelli che rubano. E così ti accosterai all’opera più sicuramente se subito soggiungerai: “Dispongo di fare un bagno caldo, ma anche di serbare la mia proairesi in accordo con la natura delle cose”. E fa’ allo stesso modo per ciascuna opera. Giacché così, se qualcosa diverrà un intralcio a fare un bagno caldo, avrai a portata di mano che: “Io non disponevo solo questo, ma anche di serbare la mia proairesi in accordo con la natura delle cose; e non la serberò se fremerò davanti agli avvenimenti”.
Epitteto: “L’albero della diairesi”  Il Manuale, § 4 

Qualora uno faccia il solenne perché può capire e commentare i libri di Crisippo, fra te e te di’: “Se Crisippo non avesse scritto con poca chiarezza, costui non avrebbe nulla per cui fare il solenne”. Io cosa decido? Di decifrare la natura delle cose ed accompagnarmi a lei. Cerco dunque chi è il commentatore e, sentito dire che è Crisippo, vengo da lui. Ma non ne capisco gli scritti. Cerco dunque il commentatore di Crisippo. E fin qui non v’è ancora nulla di solenne. Qualora trovi il commentatore, avanza di usare le prescrizioni: questo solo è solenne. Se invece ammirerò il fatto in sé di commentare, che altro risulto se non un grammatico invece che un filosofo? Eccetto che invece di Omero so commentare, appunto, Crisippo. Qualora uno mi dica: “Rileggimi Crisippo”, io dunque piuttosto arrossirò, qualora non possa sfoggiare opere simili ed in armonia con i suoi discorsi.
Epitteto: “L’albero della diairesi” Il Manuale, § 49