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Scritti originali

PILOTINA STOICA USS 03

Azione di successo

La felicità promana dalla saggezza, la saggezza si muove tra azioni rette ossia di successo e l’azione di successo è ciò che, quando effettuato, ha una giustificazione ragionevole.
1109/284 = Stoicorum Veterum Fragmenta 3, 70, 7
Sesto Empirico ‘Adversus Mathematicos’ VII, 158

E nelle ‘Dimostrazioni sulla giustizia’ afferma espressamente che: “Ogni azione retta ossia di successo è anche un’azione conforme alla legge e alla giustizia. Giacché quanto è effettuato secondo padronanza di sé, fortezza, saggezza e virilità è un’azione di successo. Sicché è anche un’azione giusta”.
1115/297 = Stoicorum Veterum Fragmenta 3, 73, 13
Plutarco ‘De Stoicorum Repugnantiis’  §15 p. 1041a

Tra le azioni rette ossia di successo, di alcune c’è bisogno, di altre no. Quelle di cui c’è bisogno sono le azioni che si possono chiamare giovevoli come, ad esempio, l’essere saggi e l’essere temperanti. Non c’è invece bisogno di quelle che tali non sono. Similmente, si ha la stessa trattazione per le azioni contrarie al doveroso.
1241/503 = Stoicorum Veterum Fragmenta 3, 136, 35
Stobeo ‘Eclogae’ II 86, 5

Tutte le azioni rette ossia di successo sono azioni giuste, normali, ben ordinate, ben condotte, fortunate, felici, opportune, decorose. Non sono però ancora azioni sagge, giacché tali sono soltanto quelle che discendono da saggezza. Similmente per le altre virtù, anche se non nominate. Per esempio le azioni temperanti sono quelle che discendono dalla temperanza e le azioni giuste quelle che discendono dalla giustizia. All’opposto le aberrazioni sono azioni ingiuste, anormali e disordinate.
1241/502 = Stoicorum Veterum Fragmenta 3, 136, 27
Stobeo ‘Eclogae’ II 7 p.97, 5 W.

Affermano anche che delle nostre attività alcune sono azioni rette ossia di successo, altre sono aberrazioni, altre ancora sono udeteri. Sono azioni di successo le seguenti: essere saggi, essere temperanti, operare con giustizia, rallegrarsi, beneficare, allietarsi, disputare con saggezza e quant’altro si effettua secondo la retta ragione. Sono invece aberrazioni l’essere insensati, intemperanti, commettere ingiustizia, affliggersi, avere paura, rubare e, in generale, quant’altro si effettua contro la retta ragione. Non sono né azioni di successo né aberrazioni le seguenti: parlare, domandare, rispondere, passeggiare, mettersi in viaggio e cose simili.
1241/501 = Stoicorum Veterum Fragmenta 3, 136, 18
Stobeo ‘Eclogae’ II 96, 18 W.

Parlano dell’azione retta ossia di successo come di un’azione che ha tutti i numeri della doverosità oppure come di quella che è perfettamente doverosa. Azione non retta ossia aberrazione è invece l’azione effettuata contro la retta ragione oppure l’azione in cui la creatura razionale ha omesso qualcosa di doveroso.
1241/500 = Stoicorum Veterum Fragmenta 3, 136, 14
Stobeo ‘Eclogae’ II 93, 14 W.

Come affermano gli Stoici, una sola è la ragione ed assolutamente uno è l’intelletto; pari sono le azioni rette ossia di successo e pari sono le virtù, sia delle parti sia del tutto.
931/ 1128 = Stoicorum Veterum Fragmenta 2, 327, 17
Giamblico ‘De anima’ apud Stobaeum ‘Eclogae’ I p. 372, 7 W.

Al discorso su ciò che è cardinale segue l’ambito di ciò che è doveroso. Il doveroso è definito così: “Ciò che consegue al fatto di essere in vita e che, quando effettuato, ha una giustificazione razionale”. In modo opposto si definisce ciò che non è doveroso. Questa definizione si estende anche alle creature sprovviste di ragione, giacché esse pure hanno attività conseguenti alla loro natura. Ma per esse si rende così: “Ciò che consegue al fatto di essere in vita”. Sostengono poi che delle azioni doverose alcune sono perfette, e queste si chiamano appunto azioni rette ossia di successo. Queste azioni sono le attività conformi a virtù, come l’essere saggi e l’operare con giustizia. Non sono azioni di successo quelle che tali non sono, ed esse neppure sono designate come doverose e perfette, ma come azioni intermedie. Ne sono esempio lo sposarsi, il fare ambascerie, il dialogare e cose simili.
1237/494 = Stoicorum Veterum Fragmenta 3, 134, 18
Stobeo ‘Eclogae’ II 85, 13

Colui che non è fattibile né costringere né impedire ebbene, quello non è servo. Ora, non è possibile né costringere né impedire l’uomo virtuoso; dunque il virtuoso non è servo, giacché manifestamente egli non è né costretto né impedito. Impedito è chi non fa centro nelle cose che desidera; ma il sapiente desidera le cose che promanano dalla virtù, e centrare questo obiettivo non è per natura impossibile. Se poi davvero è costretto, è manifesto che fa qualcosa suo malgrado. Le azioni umane o promanano da virtù e sono azioni rette ossia di successo, oppure promanano dal vizio e sono aberrazioni, oppure sono azioni intermedie ed indifferenti. Le azioni virtuose non sono prodotto di violenza, ma l’uomo dabbene le compie tutte quante –giacché le sceglie- di buon grado. Quelle invece viziose, in quanto da fuggirsi, egli neppure si sogna di effettuarle. Né è verosimile che egli effettui suo malgrado le azioni indifferenti, verso le quali il suo intelletto è in equilibrio come su una bilancia, avendo imparato a non cedere loro come se avessero forza attrattiva né ad essere malcontento di loro come se meritasse di distogliersene. E’ da ciò manifesto che il virtuoso nulla fa suo malgrado e che neppure è costretto. Se invece fosse servo, sarebbe costretto. Pertanto il virtuoso è libero.
1145/363 = Stoicorum Veterum Fragmenta 3, 88, 38
Filone ‘Quod omnis probus liber sit’ Vol II p. 454, 31 Mang.

Anche se ha scritto molte cose contrarie, Crisippo manifestamente aderisce alla tesi che non vi è un vizio od una aberrazione che sia più eminente di un altro vizio o di un’altra aberrazione e neppure una virtù od una azione di successo che sia più eminente di un’altra virtù o di un’altra azione di successo. Lo afferma nel terzo libro “Sulla natura”. “Come a Zeus conviene fare il solenne con sé e con la propria vita pregiandoli grandemente e, per dirla così, anche essere orgoglioso, essere fiero e vantarsi di vivere una vita degna di vanto; così questo conviene a tutti gli uomini dabbene, giacché essi non sono sopravanzati in nulla da Zeus”.
1251/526 = Stoicorum Veterum Fragmenta 3, 141, 15
Plutarco ‘De Stoicorum Repugnantiis’  §13 p. 1038c

Coloro che effettuano qualcosa di dovuto, ma con intelligenza inassenziente e loro malgrado, violentando le loro intime disposizioni, non compiono un’azione retta ossia di successo.
1247/518 = Stoicorum Veterum Fragmenta 3, 139, 32
Filone ‘Quod Deus immutabilis sit’ §100 Vol. II p. 78, 4 Wendland