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PILOTINA STOICA USS 10

Temperanza

Aristone di Chio ritenne la virtù sostanzialmente una sola e la chiamò salute. Soltanto in senso relativo vi sono differenti e plurime virtù, come se uno volesse chiamare la nostra visione, quando coglie oggetti bianchi, con il nome di ‘biancovisione’ e quando coglie oggetti neri, di ‘nerovisione’ o qualcos’altro di simile. Giacché la virtù, quando sopravveda quanto va fatto e quanto non va fatto, è stata chiamata saggezza; quando dà compostezza alla smania e definisce quanto è equilibrato ed opportuno nei piaceri fisici è stata chiamata temperanza; quando è in relazione con affari e transazioni con altre persone è stata chiamata giustizia. Così come il coltello è uno ma spartisce di volta in volta cose differenti; e come il fuoco, che è attivo su materiali diversi pur fruendo di una sola natura.
167/375 = SVF 1, 86, 8
Plutarco ‘De Virt. Morali’ p. 440 f.

La saggezza pone dei limiti nell’ambito di quanto va fatto; la virilità li pone alle cose cui si deve resistere; la temperanza a quelle che si devono scegliere; la giustizia a quelle che si devono distribuire.
1095/263(2) = SVF 3, 63, 36
Filone ‘Leg. Alleg.’ I §65

Giacché la temperanza è, nella scelta e nel rifiuto, l’attitudine a salvaguardare le determinazioni della saggezza.
1103/274 (6) = SVF 3, 67, 35
Sesto Empirico ‘Adversus Mathematicos’ IX, 174

Zenone di Cizio sembra essere trascinato in qualche modo a ciò quando definisce la saggezza nelle cose da distribuire come giustizia, la saggezza nelle cose che si devono scegliere come temperanza, nelle cose cui si deve resistere come virilità. Coloro che lo difendono sostengono che in queste definizioni la scienza è da Zenone denominata saggezza.
95/201 = SVF 1, 49, 30
Plutarco ‘De virtute morali’ 2 p.441 a

Aristone, ritenendo dunque che la facoltà dell’animo fosse una sola, quella con cui ragioniamo, suppose anche una sola virtù dell’animo: la scienza dei beni e dei mali. Qualora l’animo nostro debba scegliere i beni e fuggire i mali, Aristone chiama questa scienza temperanza. Qualora debba effettuare il bene e non effettuare il male, saggezza. Qualora debba affrontare con coraggio alcune cose ed altre fuggire, la chiama virilità. Qualora distribuisca a ciascuno secondo il merito, giustizia. In una parola, l’animo è sapienza e scienza quando conosce, senza effettuarli, beni e mali. Quando invece perviene alle azioni della vita, l’animo prende i plurimi nomi sopraddetti e si chiama saggezza, temperanza, giustizia e virilità. Siffatta è l’opinione di Aristone circa le virtù dell’animo.
165/374 = SVF 1, 85, 34
Galeno ‘De Hipp. et Plat. Decr.’ VII 2 (208, 591 M)

Saggezza è la scienza di ciò che va fatto, di ciò che non va fatto e di quanto è udetero; oppure è la scienza dei beni, dei mali e degli udeteri in rapporto alla natura di un animale politico. Così poi prescrivono di intendere circa le restanti virtù. Temperanza è la scienza di quanto va scelto, di quanto va fuggito e di quanto è udetero. Giustizia è la scienza di distribuire a ciascuno secondo il merito. Virilità è la scienza di quanto è terribile, di quanto non è terribile e di quanto è udetero. Stoltezza è l’ignoranza dei beni, dei mali e degli udeteri; oppure è l’ignoranza di ciò che va fatto, di ciò che non va fatto e degli udeteri. Impudenza è l’ignoranza di quanto va scelto, di quanto va fuggito e di quanto è udetero. Ingiustizia è l’ignoranza nel distribuire a ciascuno secondo il merito. Viltà è l’ignoranza di quanto è terribile, di quanto non è terribile e di quanto è udetero. Coloro che si attengono a quanto detto, definiscono in modo somigliante anche le altre virtù e vizi. Ed in genere affermano che la virtù è l’armoniosa disposizione di un animo con se stesso per tutta la vita.
1095/262 = SVF 3, 63, 23
Stobeo ‘Eclogae’ II 59, 4 W

Definiscono dunque la virilità come scienza di quanto è terribile, di quanto non è terribile e di quanto è intermedio. Temperanza è la stabile attitudine, nella scelta e nel rifiuto, a salvaguardare le determinazioni della saggezza. Affine alla virilità è quella resistenza che chiamano fortezza. Essa è la scienza di quanto va mantenuto saldo e di quanto non va mantenuto saldo. Magnanimità è la scienza che ci solleva al di sopra di quanto avviene. Affine alla temperanza è la cautela, che è una avversione attuantesi con ragione. [……….] Chi possiede una virtù sola, a causa della loro implicazione reciproca, le possiede tutte. Ora, la padronanza di sé è una disposizione a non superare i limiti di quanto appare secondo retta ragione. Chi dunque rattiene gli impulsi contrari alla retta ragione è padrone di sé, così come lo è chi rattiene se stesso in modo da non impellere contrariamente alla retta ragione.
1103/275 = SVF 3, 67, 37
Clemente Alessandrino ‘Stromata’ II p.470 Pott.

Delle virtù alcune sono primarie, altre sono subordinate alle primarie. Le primarie sono quattro: saggezza, temperanza, virilità, giustizia. La saggezza si occupa di quanto è doveroso, la temperanza degli impulsi dell’essere umano, la virilità delle sue resistenze, la giustizia delle sue distribuzioni. Di quelle che a queste virtù sono subordinate, alcune sono subordinate alla saggezza, altre alla temperanza, altre alla virilità, altre alla giustizia. Alla saggezza sono subordinate il buon consiglio, la ragionevolezza, la perspicacia, il buon senso, [la sagacia], l’ingegnosità. Alla temperanza sono subordinate la disciplina, la compostezza, il rispetto, la padronanza di sé. Alla virilità sono subordinate la fortezza, il coraggio, la magnanimità, l’ardimento, la laboriosità. Alla giustizia sono subordinate la pietà, la bontà, la socievolezza, l’affabilità. Buon consiglio è dunque la scienza del cosa e del come effettuare utilmente quanto effettuiamo. Ragionevolezza è la scienza capace di equilibrare e riassumere avvenimenti e risultati. Perspicacia è la scienza capace di trovare sul momento quanto è doveroso. Buon senso è la scienza del peggio e del meglio. Sagacia è la scienza di centrare lo scopo in ogni circostanza. Ingegnosità è la scienza capace di trovare una via d’uscita in ogni faccenda. Disciplina è la scienza del quando si deve effettuare una cosa, di cosa si deve effettuare dopo che cosa e, in generale, dell’ordine delle azioni. Compostezza è la scienza dei movimenti confacenti e non confacenti. Rispetto è la scienza che ci cautela da un retto rimprovero. Padronanza di sé è la scienza che ci fa non oltrepassare i limiti di quanto appare essere in accordo con la retta ragione. Fortezza è la scienza che ci mantiene fedeli alle rette determinazioni. Coraggio è la scienza grazie alla quale sappiamo che non incapperemo in nulla di terribile. Magnanimità è la scienza che ci fa essere superiori a quanto, per natura delle cose, accade sia ai virtuosi che agli insipienti. Ardimento è la scienza di un animo che procura a se stesso di essere invitto. Laboriosità è la scienza che elabora il proponimento senza esserne impedita dalla fatica. Pietà è la scienza di accudire gli dei. Bontà è la scienza del fare bene. Socievolezza è la scienza della parità in società. Affabilità è la scienza di intrattenere rapporti irreprensibili con chi abbiamo dintorno. Il fine di tutte queste virtù è di vivere coerentemente alla natura delle cose; e ciascuna di esse, con le sue peculiarità, procura questo fine all’uomo che la centra. Giacché l’uomo ha dalla natura risorse sia per il rinvenimento di quanto è doveroso, sia per la stabilità degli impulsi, sia per delle virili resistenze, sia per delle giuste distribuzioni. E ciascuna virtù, effettuando quanto è in armonia con le altre e quanto le è proprio, procura all’uomo una vita coerente con la natura delle cose.
1097/264 = SVF 3, 64, 14
Stobeo ‘Eclogae’ II 60. 9 W

Se dunque considerassimo bene, la virtù è –potenzialmente- una sola. Poi quando si ingeneri in queste faccende, le accade di chiamarsi saggezza; in queste altre faccende, temperanza; in queste altre ancora, virilità o giustizia. Allo stesso modo noi diciamo che una medesima dracma, quando sia data all’armatore di una nave, si chiama nolo; quando sia data ad un esattore, si chiama tassa; ad un proprietario di casa, affitto; ad un maestro di scuola, onorario; ad un venditore, caparra. Ciascuna virtù, pur chiamata con lo stesso nome di virtù, è però cagione soltanto del risultato che le è proprio, e l’uso congiunto di tutte le virtù diventa il vivere felicemente. Giacché noi non ci felicitiamo davvero per i nomi, quando chiamiamo felicità la vita retta e felice chi ha adornato virtuosamente l’animo suo.
167/376 = SVF 1, 86, 18
Clemente Alessandrino ‘Stromata’ I p.376 Pott

Questo è quanto Zenone dice partecipare della sostanza. E delle cose che sono alcune sono beni, altre mali, altre indifferenti. Beni sono queste: saggezza, temperanza, giustizia, virilità e tutto ciò che è virtù o partecipa di virtù. Mali sono queste: stoltezza, impudenza, ingiustizia, viltà e tutto ciò che è vizio o partecipa del vizio. Indifferenti sono queste: vita, morte, reputazione, discredito, dolore fisico, piacere fisico, ricchezza di denaro, povertà di denaro, malattia, salute e le cose simili a queste.
91/190 = SVF 1, 47, 19
Stobeo ‘Eclogae’ II p. 57, 18 W

Dei beni alcuni sono virtù, altri no. Dunque la saggezza, la temperanza, la giustizia, la virilità sono virtù. Invece la gioia, la letizia, il coraggio, la decisione e le cose somiglianti non sono virtù. Delle virtù alcune sono scienza ed arte di qualcosa, altre no. Saggezza, temperanza, giustizia e virilità sono scienza ed arte di certe cose. Invece magnanimità, vigore e forza d’animo non sono scienza né arte di qualcosa. Analogamente anche dei mali alcuni sono vizi, altri no. Stoltezza, ingiustizia, viltà, piccineria ed incapacità sono vizi. Invece afflizione, paura e le cose somiglianti non sono vizi. Dei vizi alcuni sono ignoranza e carenza di arte per certe cose, altri no. Stoltezza, impudenza, ingiustizia e viltà sono ignoranza e carenza di arte per certe cose. Piccineria ed incapacità non sono ignoranza né carenza di arte per certe cose.
1015/95 = SVF 3, 23, 22
Stobeo ‘Eclogae’ II p. 58, 5 W