Categories
Uncategorized

INDICE RAGIONATO

I 73 termini filosofici dei quali si offre una presentazione ragionata sono i seguenti:

* Aberrazione
* Afflizione
* Allotrio
* Al riparo dall’inganno
* Appropriazione di sé
* Aproairetico
* Assenso
* Assimilarsi alla divinità
* Assomigliarsi
* Avere successo
* Avvenenza
* Avversione
* Buona fortuna
* Cattiva fortuna
* Cautela
* Che non incappa in ciò che avversa
* Comprensione
* Concetto
* Concezione
* Conflagrazione dell’universo
* Controdiairesi
* Dei
* Desiderio
* Diairesi
* Dio
* Dissentire
* Dominio sull’afflizione
* Dominio sulla paura
* Dominio sulle passioni
* Dominio sullo sconcerto
* Ebbrezza
* Eccezione
* Educazione all’uso della diairesi
* Egemonico
* Felicità
* Fortuna
* Giudizio
* Iddio
* Impulso
* Incultura
* Indifferenza
* Indifferente
* Inganno
* Insubordinabile
* Intelletto
* Irragionevole
* Libertà
* Logico
* Logos
* Materia
* Materia Immortale
* Materiale
* Mente della Materia Immortale
* Natura
* Natura delle cose
* Necessità
* Non soggetto ad intralci
* Non soggetto ad impacci
* Non soggetto a impedimenti
* Opere della proairesi
* Piacere fisico
* Pre-concetto
* Proairesi
* Proairetico
* Pronoia
* Ragione
* Ragionevole
* Repulsione
* Rispetto di sé e degli altri
* Soggetto a costrizione
* Smania
* Stoltezza
* Zeus

Per ognuno di questi termini sono anche segnalati i passi dell’opera di Epitteto nei quali essi ricorrono. Il primo numero (in cifre romane) indica il Libro, il secondo numero indica il capitolo e il terzo numero indica il paragrafo dove il passo compare. Per l’indicazione dei passi compresi nel Manuale uso la lettera E seguita dal numero del capitolo e del paragrafo. Per i passi contenuti nei frammenti uso la sigla Fr. seguita dal numero del frammento in cifre romane.

INDICE RAGIONATO DI 73 TERMINI FILOSOFICI DI PARTICOLARE RILIEVO IN EPITTETO

ABERRAZIONE: traduce il sostantivo μάρτημα (‘amàrtema’). L’aberrazione è l’opposto del κατόρθωμα (‘katòrthoma’), ossia dell’atteggiamento diairetico della proairesi, dunque del retto giudizio e della retta azione. Aberrare significa pertanto voler andare contro la natura delle cose, atteggiando la nostra proairesi in modo controdiairetico. Ma questo equivale ad ignorare di disporre così la propria infelicità, giacché ogni aberrazione dell’essere umano include una contraddizione. La contraddizione è per natura delle cose invisa ad ogni animo razionale, ma finché questo non comprenderà di essere in contraddizione, nulla impedisce che faccia cose contraddittorie e sia infelice.
I,7,31; I,7,33; I,18,4; II,13,17-18; II,21,6; II,24,20; II,26,1; III,25,9-10; IV,4,7; IV,6,2; IV,12,1; IV,12,19; Fr. XV

AFFLIZIONE: traduce il sostantivo λύπη (‘lùpe’). L’afflizione è l’opinione immediata e senza riserva che un male ci è presente. Poiché, però, bene e male sono unicamente giudizi proairetici, la proairesi in stato di afflizione altro non sta facendo che dichiarare se stessa ‘male’. Oltre ad essere una prova decisiva della validità dell’intellettualismo Socratico, l’afflizione testimonia l’infinita libertà della proairesi umana e la verità della ‘controdiairesi’, ossia della capacità che la proairesi ha di affermare in suo esclusivo potere ciò che invece non è in suo esclusivo potere, oppure di negare che sia in suo esclusivo potere ciò che invece è in suo esclusivo potere.
I,9,7; I,23,4; II,1,24; II,12,7-8; II,16,45; III,7,7; III,22,61; III,24,1; III,24,23; III,24,82; III,24,90; III,24,114; IV,1,84; Fr. III; Fr. XX; Fr. XXVIIIb; E16; E26; 

ALLOTRIO, ossia ‘in potestà d’altri’ traduce l’aggettivo λλότριος (‘allòtrios’): Chi non è soggetto a impedimenti? Chi non prende di mira alcunché di allotrio. Cos’è allotrio? Ciò che non è in nostro esclusivo potere avere o non avere od avere con certe qualità od in un certo stato. Tutto ciò ch’è aproairetico è tale. Pertanto allotrio è il corpo, allotrie sono le parti del corpo, allotrio è il patrimonio. Chi si strugge per qualcuna di queste cose come sua peculiare, pagherà il fio che merita chi prende di mira l’allotrio. 
I,1,32; I,18,9; I,18,12; I,24,11; I,25,4; I,28,23; I,29,11; II,4,10; II,5,5-6; II,6,8; II,6,24; II,9,14; II,13,8; II,13,18; II,15,1; II,16,10; II,16,27-28; II,16,45; II,19,19; II,19,28; III,7,11; III,7,21; III,10,17; III,10,20; III,18,7; III,22,32; III,22,38; III,22,97; III,22,99; III,22,102; III,24,3-4; III,24,22-23; III,24,39; III,24,68; IV,1,66; IV,1,75-77; IV,1,81; IV,1,83; IV,1,87; IV,1,107; IV,1,129-130; IV,1,159; IV,1,172; IV,5,5; IV,5,7; IV,5,15; IV,5,35; IV,6,9; IV,10,6; IV,10,19; IV,10,29; IV,12,15; E1,2-3; E11,1; E14,1; E24,2

AL RIPARO DALL’INGANNO: traduce l’aggettivo νεξαπάτητος  (‘anexapàtetos’). Secondo Epitteto, tre sono i campi nei quali specialmente deve esercitarsi la proairesi dell’uomo che dispone di vivere in armonia con la natura delle cose. Il primo è quello del desiderio e dell’avversione, per non fallire il segno nell’uno e non incappare nell’oggetto dell’altra. Il secondo è quello degli impulsi e delle repulsioni, per essere al riparo dalle aberrazioni. Il terzo è quello della proposizione e della sospensione dell’assenso, per essere al riparo dall’inganno e dai sofismi
I,4,11; I,7,26; III,2,7-8

APPROPRIAZIONE DI SÉ: traduce il sostantivo οκείωσις (‘oikéiosis’). L’appropriazione di sé è unico e medesimo fondamento per tutte le creature del cosmo. Che ogni essere agisca per se stesso è un fatto universale e non negativo, giacché la Materia Immortale struttura ogni creatura, e ne permette la sopravvivenza, in modo tale che questa non possa centrare il proprio bene senza fornire un qualche giovamento comune. Nel caso dell’uomo, colui che si appropria di chi l’uomo davvero è per natura, ha fatto anche l’azione più doverosa e socialmente utile che si possa fare: azione che in questo caso si risolve nell’uso sistematico della diairesi e nel conseguimento della virtù, ossia del retto uso delle rappresentazioni: il che diventa identico all’azione di assimilarsi alla divinità (q.v.), ossia a Zeus.
I,19,15

APROAIRETICO: traduce l’aggettivo προαίρετος (‘aproàiretos’). Aproairetico è tutto ciò che non è in esclusivo potere della proairesi umana. La proairesi (q.v.) umana è libera, infinita, inasservibile e insubordinabile ma non onnipotente. Delle quattro cause basilari delle vicende cosmiche, tre sono aproairetiche: natura, necessità, fortuna.
I,4,2; I,4,27; I,18,21; I,19,16; I,28,18; I,29,24; I,29,49; I,30,3; II,1,4-6; II,1,9-10; II,1,12; II,1,29; II,1,39-40; II,10,8; II,10,16; II,13,10; II,16,1; II,17,24; II,22,28; II,23,19; III,2,13; III,3,14-15; III,3,19; III,5,4; III,7,5; III,7,7; III,7,10; III,8,1-2; III,12,1; III,12,5-6; III,16,15; III,19,2; III,25,12; III,24,56-57; III,24,106; III,24,112; IV,1,23; IV,1,40; IV,1,84; IV,1,110; IV,4,3; IV,4,39; IV,6,9-10; IV,7,8; IV,7,10; IV,10,1-2; IV,10,8; IV,13,21; E7,1; E11,1

ASSENSO: traduce il sostantivo συγκατάθεσις (‘sunkatàthesis’). L’assenso è la quinta delle sei opere cardinali della proairesi, ed è l’opposto del ‘dissentire’ (q.v.). L’assenso è un’entità proairetica ed è un’azione per natura libera, non soggetta a impedimenti e non soggetta a costrizioni. Le rappresentazioni dell’animo da cui la mente di un essere umano è subito colpita non appena le giunge l’apparenza di alcunché, non sono soggette né al suo libero giudizio né al suo controllo ma si fanno strada quasi con violenza, onde essere da lui conosciute. Invece gli assensi con cui le rappresentazioni medesime sono riconosciute, sono liberi giudizi e soggiacciono al controllo dell’uomo. Per questo, quando si verifica qualche rumore spaventoso, è necessario che anche l’animo del saggio per un momento ne sia scosso e si contragga, non per la previsione di qualche male ma per la presenza di certi moti rapidi ed irriflessi i quali prevalgono sulle normali funzioni della proairesi. Nondimeno, subito dopo, il sapiente non dà il proprio assenso a quelle certe rappresentazioni (ossia alla spaventosità di queste rappresentazioni del suo animo) ma le scaccia e le respinge, non vedendo in esse nulla che egli debba temere. Questa, appunto, è la differenza tra l’animo del sapiente e quello dell’insipiente. Questo ritiene veramente tremende e crudeli le cose che così gli sono apparse alla prima impressione e in seguito, come se fossero realmente terribili, dà loro anche il suo assenso. Il sapiente, al contrario, dopo essere per un breve istante e fuggevolmente mutato di colore e d’espressione non dà il proprio assenso, ma conserva saldamente e con vigore il giudizio che aveva sempre avuto circa tali rappresentazioni, cioè che non sono affatto temibili e che spaventano con una falsa apparenza e con vana paura. 
I,4,9; I,18,1; I,21,2; II,8,29; II,17,15; III,2,1-2; III,9,18; III,12,14; III,22,104; IV,1,69; IV,1,72; IV,4,13; Fr. IX

ASSIMILARSI ALLA DIVINITÀ: vedi ASSOMIGLIARSI

ASSOMIGLIARSI (a Zeus): traduce il verbo ξομοιόω (‘exhomoiòo’). “Tu sei un dio, uomo; tu hai grandi progetti!” Sono queste le parole che Epitteto rivolgerebbe ad un giovane che avesse davvero fatto progressi in tutti e tre gli ambiti principali della filosofia. Quella che viene comunemente chiamata ‘assimilazione alla divinità’, non è dunque un tentativo dell’uomo di assomigliarsi a qualcuno degli dei, ma quello di assomigliarsi a Zeus in lealtà, in libertà, in rettitudine di giudizi, in rispetto della natura delle cose. Questa operazione è negata e impossibile alla proairesi atteggiata controdiaireticamente, mentre è perfettamente realizzata dalla proairesi atteggiata diaireticamente. Quando ciò accade, uomo e Zeus sono su un piano di parità e la divinità e felicità dell’uno è indistinguibile da quella dell’altro.
I,2,18; II,14,12; III,16,1

AVERE SUCCESSO: traduce il verbo κατορθόω (‘katorthòo’). Quando la proairesi si dispone in armonia con la natura delle cose essa dispone così il proprio bene e il proprio successo, giacché ogni aberrazione dell’essere umano include una contraddizione. Κατορθόω è l’opposto dei verbi μαρτάνω e ποτυγχάνω (‘apotunkàno’) che significano entrambi ‘aberrare’, ‘fallire l’obiettivo’. Per avere successo in qualunque caso specifico e pratico bisogna inevitabilmente attraversare tre passaggi. Il primo e fondamentale è l’azione proairetica di eliminare in noi ogni potenziale atteggiamento controdiairetico e di aprirci al confronto con tutto ciò ch’è aproairetico con coraggio, coscienti della esplicita riserva che il risultato di questo confronto (ecco il secondo passaggio) è cosa aproairetica, non in nostro esclusivo potere. Il terzo passaggio, nuovamente azione proairetica, è il retto giudizio che dal risultato del confronto, sia nel caso di successo che nel caso di insuccesso, come non può esserci venuto alcun bene, altrettanto non può esserci venuto alcun male. 
I,17,15; I,27,8; I,28,30; II,3,4; II,23,28; II,26,1; III,9,2

AVVENENZA: traduce il sostantivo κάλλος (‘kàllos’). L’avvenenza, come la magnificenza o la grandiosità, nulla hanno che fare con la bellezza. Avvenenza e bellezza sono entrambi giudizi proairetici di chi osserva, ma mentre la prima concerne aspetti esteriori dell’osservato, la seconda è da riferirsi unicamente agli atteggiamenti in armonia con la natura delle cose della proairesi dell’osservato. Un essere umano, pertanto, può apparirci avvenente e al contempo stolto. Da migliaia di anni è invece invalso in Occidente l’uso di chiamare ‘belli’ oggetti esterni ed aproairetici, invece di riservare l’aggettivo ‘bello’, com’è corretto fare, esclusivamente alla virtù e alle sue opere. 
I,18,11; II,23,32; IV,9,1; Fr. XXXVI

AVVERSIONE: traduce il sostantivo κκλισις (‘ékklisis’). L’avversione è la seconda delle sei opere cardinali della proairesi ed è l’opposto del desiderio (q.v.) La sua azione si svolge nel vastissimo campo del ‘bene’ e del ‘male’, nel quale si gioca la partita della nostra ‘virtù’ o del nostro ‘vizio’. L’avversione è ‘proairetica’ e può essere rivolta tanto contro ciò ch’è aproairetico quanto contro ciò ch’è proairetico. Ma l’avversione senza riserva contro ciò ch’è aproairetico, per inviolabile legge della natura delle cose non ha alcuna certezza di avere successo e inevitabilmente, prima o poi, colui che avversa qualcosa di aproairetico è destinato ad incappare in ciò che avversa. Epitteto, pertanto, scongiura ripetutamente il principiante in filosofia a non avversare mai qualcosa di aproairetico: ad esempio, la morte fisica, la povertà di denaro, le malattie del corpo; e di limitarsi unicamente ad avversare ciò che, tra quanto è proairetico, conosce bene, ha finora praticato ed è contro la natura delle cose: ad esempio, ira, sdegno, invidia, commiserazione.
I,1,31; I,4,1-2; I,4,9; I,4,11; I,17,24; I,19,2; II,1,12; II,1,31; II,7,10; II,8,29; II,13,7; II,13,12; II,14,8; II,14,22; II,17,24; II,23,42; III,2,1; III,2,3; III,6,6; III,7,34; III,12,1; III,12,4-8; III,12,13; III,12,16; III,14,10; III,22,13; III,22,36; III,22,48; III,22,61; III,22,104; III,23,9; III,23,12; III,24,54; III,26,14; IV,1,1; IV,1,81; IV,4,6; IV,4,16; IV,4,18; IV,4,28; IV,4,33; IV,4,37; IV,5,27; IV,8,20; IV,10,5; IV,11,26; IV,12,6; E1,1; E2,1-2; E32,2; E48,3; Fr. I; Fr. XXVII

BUONA FORTUNA: traduce il sostantivo ετυχία (‘eutukìa’). La fortuna (q.v.), in quanto una delle cause basilari di tutte le vicende del cosmo, è un’entità aproairetica. La buona fortuna, invece, dipende esclusivamente da noi; è un giudizio interamente proairetico. Lo stesso vale per la ‘cattiva fortuna’, ossia la δυστυχία (‘dustukìa’). Dice Epitteto che a causa di nessuno ci conviene avere cattiva fortuna bensì buona fortuna a causa di tutti, soprattutto della Materia Immortale che per questo ci ha strutturato.
I,4,29; III,22,84; III,25,3

CATTIVA FORTUNA: vedi BUONA FORTUNA
I,4,23; III,3,18; III,22,84; III,24,25

CAUTELA e ‘con cautela’: traducono il sostantivo ελάβεια (‘eulàbeia’) e l’avverbio ελαβς (‘eulabòs’). La cautela sembrerebbe l’opposto del coraggio -afferma Epitteto- ma non vi è affatto contraddizione tra i due termini. Se infatti è vero che la sostanza del bene consiste nel retto uso delle rappresentazioni e quella del male nel loro uso scorretto, poiché ciò ch’è aproairetico non accoglie in sé natura né di bene né di male, il suggerimento va inteso nel senso di avere coraggio là dove si tratta di confrontarsi con ciò ch’è aproairetico; mentre si deve essere cauti là dove si maneggia ciò ch’è proairetico.
II,1,1-3; II,1,6-7; II,1,12; II,1,14; II,1,29; II,12,12; III,16,1; III,16,3; III,16,9;

CHE NON INCAPPA IN CIO’ CHE AVVERSA: traduce l’aggettivo περίπτωτος(‘aperìptotos’). Soltanto la proairesi che opera sistematicamente la diairesi; che si avvicina a ciò ch’è aproairetico senza paura poiché si fornisce della esplicita eccezione (q.v.) di mantenersi in ogni caso in armonia con la natura delle cose: ebbene soltanto la proairesi così disposta è capace di non incappare in ciò che avversa. La proairesi che invece cerca di non incappare in quanto avversa tremando e piangendo, è in armonia con la natura ma non certo con la natura delle cose.
I,1,31; I,4,11-12; I,19,2; II,8,29; II,23,42; III,12,5; IV,1,1; IV,1,5; IV,6,26

COMPRENSIONE: traduce il sostantivo παρακολούθησις (‘parakoloùthesis’). Molto è comune agli uomini e alle creature sprovviste di ragione. La differenza degli uni rispetto alle altre sta nel fatto che entrambi usiamo le rappresentazioni, ma soltanto noi uomini abbiamo la comprensione dell’uso che facciamo delle rappresentazioni. Agli altri animali, ad esempio, basta mangiare, bere, riposarsi, montare e fare quant’altro realizza ciascuna loro necessità; mentre per noi tutto ciò non è più bastevole, giacché se non lo effettueremo a modo, con posizionamento, conseguentemente alla nostra natura, non centreremo più il nostro fine. Questo è il motivo per cui è brutto, per l’uomo, esaurirsi laddove lo fanno anche le creature sprovviste di ragione. Piuttosto noi dobbiamo iniziare di qua ed esaurirci là dov’è la nostra meta, ossia nella conoscenza della diairesi, nella comprensione della natura delle cose e nel tragittarcela in armonia con essa.
I,4,17; I,6,11; I,6,13; I,6,21; I,16,18; II,8,6; II,8,8; II,14,15

CONCETTO: traduce il sostantivo ννοια (‘énnoia’). Noi veniamo al mondo senza avere per natura alcun concetto del triangolo rettangolo o del semitono diesis, ma impariamo ciascuno di questi concetti grazie ad una certa istruzione tecnica, e per questo coloro che non li conoscono neppure credono di conoscerli. Ma chi di noi non ha un concetto innato, naturale, di bene e di male, di bello e di brutto, di confacente e di non confacente, di felicità, di conveniente, di spettante, di quanto bisogna fare e di quanto non bisogna fare? Ecco come Epitteto spiega la differenza tra ‘concetto’ e ‘pre-concetto’ (q.v.).
II,11,2-3; II,11,7; II,12,6; II,12,9; II,17,7; II,17,11; II,24,12; III,13,2; IV,1,24

CONCEZIONE: traduce il sostantivo πόληψις (‘hupòlepsis’). Possiamo chiamare ‘concezione’ il complesso di giudizi e teorie relative ad un argomento, ed Epitteto distingue sempre le concezioni dai giudizi. In un caso solo [IV,1,140] egli usa il diminutivo πόληψείδιον (‘hupolepséidion’), tradotto con ‘concezioncella’, come sinonimo di ‘giudizio’(q.v.). Le concezioni sono ‘proairetiche’, possono essere rette, potenti; oppure avventate e mentitrici e quindi non rette, come fossero di cera.
I,11,33; I,18,1; II,6,21; II,9,14; II,14,22; III,16,9-10; III,16,13; IV,1,140; IV,6,14; E1,1; E20,1, E31,1

CONFLAGRAZIONE DELL’UNIVERSO: traduce il sostantivo κπύρωσις (‘ekpùrosis’). È noto che per gli Stoici, come per Eraclito, l’elemento primordiale è il fuoco, e che gli altri tre elementi del cosmo: aria, acqua e terra, sono generati per trasformazione di esso. In seguito, e secondo certi tempi fatali, il cosmo nella sua totalità va incontro alla ‘conflagrazione universale’, e tutti i suoi elementi si trasformano di nuovo in puro fuoco. Il numero di questi cicli di formazione e di conflagrazione è infinito e il fuoco primordiale, chiamato anche Zeus, è come una sorta di seme contenente in sé le ragioni di tutte le cose e le loro cause passate presenti e future, mentre l’intreccio e la consequenzialità di queste cause è legge ineludibile ed inevitabile.
III,13,14-15

CONTRODIAIRESI: vedi DIAIRESI
IV,1,65

DEI, (Gli): traduce il sostantivo plurale ο θεοί (‘òi theòi’). A differenza di Zeus, che è Materia Immortale (q.v.) e dunque un’entità aproairetica che si identifica con il cosmo, gli ‘dei’ sono libere creazioni della proairesi umana e sono pertanto entità esclusivamente proairetiche. Proprio per il fatto di essere entità proairetiche essi possono essere creature della nostra diairesi (q.v.) oppure della nostra controdiairesi (q.v.). E siccome diairesi e controdiairesi sono sempre esistite e sempre esisteranno, giacché sono le due sole possibilità di atteggiarsi della proairesi umana, unica è l’origine tanto degli dei del politeismo che del Dio del monoteismo: la proairesi umana che usa in modo scorretto le rappresentazioni e vede il proprio bene e il proprio male fuori di sé, in ciò ch’è aproairetico. A fronte di un ricchissimo Pantheon di dei buoni e cattivi, diversi da cultura a cultura e da paese a paese, quando sia invece usata rettamente la proairesi dell’uomo è capace di concepire di sé e della Materia Immortale delle rappresentazioni felicitanti, generose, liberatorie ed aderenti alla natura delle cose, che sono appunto quelle alle quali Epitteto ci sollecita continuamente ad aderire.
I,1,6-8; I,1,13; I,3,1; I,3,3; I,4,9; I,4,24; I,6,38; I,9,1; I,9,10-11; I,9,22; I,9,25; I,12,1; I,12,8; I,12,21; I,12,26-27; I,12,32; I,13,1-2; I,13,5; I,16,7; I,17,18; I,18,17; I,19,25; I,20,15; I,27,13; I,30,6; II,5,18; II,5,26; II,8,10; II,14,11; II,17,25-26; II,17,31; II,18,20; II,18,22; II,19,15; II,19,24; II,20,9; II,20,20; II,20,27; II,22,5; II,22,17; III,1,36; III,1,39; III,3,16; III,13,15; III,19,3; III,20,8; III,21,12; III,22,69; III,22,91; III,22,95; III,23,35; III,24,7; III,24,11; III,24,53; III,24,60; IV,1,47; IV,1,151; IV,1,154; IV,4,47; IV,9,18; IV,11,1; IV,11,3; IV,11,24-25; Fr. XVII; Fr. XXIV; E1,3; E15,1; E29,2; E31,1; E31,4; E32,2; E53,3

DESIDERIO: traduce il sostantivo ρεξις (‘òrexis’). Il desiderio è la prima delle sei opere cardinali della proairesi, ed è l’opposto dell’avversione (q.v.) La sua azione si svolge nel vastissimo campo del ‘bene’ e del ‘male’, nel quale si gioca la partita della nostra ‘virtù’ o del nostro ‘vizio’. Il desiderio è ‘proairetico’ e può essere rivolto tanto verso ciò ch’è aproairetico quanto verso ciò ch’è proairetico. Ma il desiderio senza riserva di ciò ch’è aproairetico, per la inviolabile legge della natura delle cose, non ha alcuna certezza di avere successo e inevitabilmente, prima o poi, colui che desidera qualcosa di aproairetico è destinato a fallire l’ottenimento di ciò che desidera. E qualora poi lo ottenesse ne invanirebbe e si esalterebbe, traendone la falsa conclusione di avere potere su ciò ch’è aproairetico. Epitteto, pertanto, suggerisce al principiante in filosofia di astenersi completamente dal desiderio, in quanto non è ancora in condizione di comprendere come si deve la differenza tra proairetico ed aproairetico e, per conseguenza, gli è impossibile sapere cosa, di ciò ch’è in nostro esclusivo potere, è contrario alla natura delle cose.
I,1,31; I,4,1; I,4,9; I,4,11; I,17,24; I,18,1; I,19,2; II,1,31; II,7,10; II,8,29; II,13,1; II,13,7; II,13,12; II,14,8; II,14,22; II,17,24; II,23,42; II,24,16; III,2,1; III,2,3; III,6,6; III,7,34; III,9,18; III,9,22; III,12,1; III,12,4-6; III,12,8; III,12,13; III,12,16; III,13,21; III,14,10; III,22,13; III,22,36; III,22,48; III,22,61; III,22,104; III,23,9; III,23,12; III,24,54; III,26,14; IV,1,1; IV,1,77; IV,1,81; IV,1,84; IV,1,102; IV,4,6; IV,4,16; IV,4,18; IV,4,28; IV,4,32-33; IV,4,35; IV,5,27; IV,8,20; IV,10,4; IV,11,26; IV,12,6; E1,1; E2,1-2; E15,1; E32,2; E48,3; Fr. I; Fr. XXVII

DIAIRESI: traduce il sostantivo διαίρεσις (‘diàiresis’). La diairesi è il supergiudizio (ossia il giudizio di un giudizio) che sa distinguere in qualunque circostanza quanto è in esclusivo potere dell’uomo, ossia ‘proairetico’ e quanto non lo è, ossia è ‘aproairetico’. La diairesi è il supergiudizio esattamente opposto alla ‘controdiairesi’, la quale è invece il supergiudizio che afferma in mio esclusivo potere quanto non è in mio esclusivo potere, ossia ciò ch’è ‘aproairetico’, e/o non essere in mio esclusivo potere quanto invece è in mio esclusivo potere, ossia è ‘proairetico’. Epitteto non usa un sostantivo specifico per indicare la controdiairesi, ma accenna esplicitamente ad essa in un breve passaggio del IV libro delle ‘Diatribe’, quando pone all’interlocutore questa domanda: “Vedi dunque: abbiamo noi nulla in nostro esclusivo potere, oppure tutto è in nostro esclusivo potere, oppure alcune cose sono in nostro esclusivo potere ed altre in potere d’altri?” Che nulla di proairetico e di aproairetico sia in nostro potere oppure che tutto ciò ch’è proairetico e tutto ciò ch’è aproairetico sia in nostro potere, è con tutta evidenza una definizione della ‘controdiairesi’ tirata all’estremo per amor di chiarezza, ma comprensibile e nemmeno troppo imprecisa. Ed è ragionevole supporre, sebbene impossibile da provare, che nei quattro di libri delle Diatribe che sono andati perduti Epitteto sviluppasse da par suo anche il tema della ‘controdiairesi’. In ogni caso egli mostra chiaramente di intendere che l’uomo è uomo quando la sua proairesi è illuminata dalla diairesi, mentre scade ad animale bruto quando la sua proairesi si fa guidare dalla controdiariresi. 
I,1,6; I,1,13; I,1,17; I,1,25; I,1,27; I,2,11; I,2,18; I,4,17; I,8,10; I,9,9; I,12,7; I,12,16; I,12,21; I,22,8; I,22,16; I,29,55; I,29,63; II,1,20; II,5,5; II,5,22; II,6,5; II,6,19; II,6,24; II,9,2; II,9,7; II,9,12; II,10,13; II,13,8; II,13,15; II,16,10; II,19,10; II,19,15; II,22,1; III,16,6; III,18,1; IV,2,1; IV,3,3; IV,5,6; IV,7,5; E1,1;

DIO: traduce il sostantivo singolare  θεός (‘o theòs’). Si chiamino Apollo, o Osiride, o Rama, o si tratti del Dio personale e trascendente dei monoteismi rivelati, dunque il Dio di Mosè, di Gesù Cristo e di Maometto, la sostanza non cambia. Esso è un’entità proairetica che non fu e non sarà mai Materia Immortale ma che sempre è, giacché è fatto in ogni tempo esistere dall’atteggiamento controdiairetico della proairesi degli uomini. È ben per questo che un Dio simile non ha bisogno di esistere per essere creduto. È a questa modalità di intendere il divino che Epitteto si riferisce nei passi di seguito citati.
I,10,3; I,12,1; I,13,1; I,20,16; I,29,37; II,5,18; II,7,12; II,8,12; II,14,13; II,14,19; II,16,13; II,19,26-27; II,20,31; II,22,16; III,1,36-37; III,3,4; III,5,16; III,7,26; III,10,13; III,21,11; III,21,18; III,22,2; III,22,13; III,22,48; III,22,53; III,24,58; IV,8,17; Fr. X

DISSENTIRE: traduce il verbo νανεύω (‘ananéuo’). Dissentire è la sesta ed ultima delle opere cardinali della proairesi, ed è l’opposto dell’assenso (q.v.). Anche il dissentire è un’azione proairetica per natura libera, non soggetta a impedimenti e non soggetta a costrizioni. Fondamento del dissentire è il giudicare che una certa rappresentazione ci dà l’immagine di qualcosa che non c’è oppure ch’è falsa. Ad esempio, il saggio dissentirà sempre dalla rappresentazione di qualcosa di aproairetico come ‘bene’ o come ‘male’.
I,14,7; I,18,1; II,24,19; II,26,3; III,2,1; III,3,2; III,12,13

DOMINIO SULL’AFFLIZIONE: traduce il sostantivo λυπία (‘alupìa’). Tanto il virtuoso quanto l’insipiente hanno esperienza di moti istintivi d’afflizione. Ma mentre il primo sa immediatamente dominarli ed opera in modo da mantenere la propria proairesi in armonia con la natura delle cose, la proairesi del secondo si lascia andare ad essi senza riserva.
III,22,48; III,24,116-117; IV,3,7; IV,6,16; Fr. XXVIIIb; E12,1

DOMINIO SULLA PAURA: traduce il sostantivo φοβία (‘afobìa). Tanto il sapiente quanto l’insipiente sperimentano ed hanno esperienza di moti di paura. Ma mentre il primo sa dominarla ed opera in modo da mantenere la propria proairesi in armonia con la natura delle cose, la proairesi del secondo davanti alla paura si fa serva e se ne lascia vincere.
II,1,21; III,24,116; IV,3,7; IV,6,16; IV,7,1

DOMINIO SULLE PASSIONI: traduce il sostantivo πάθεια (‘apàtheia’) e il sostantivato τ παθές (‘to apathés’). Siccome è impossibile che l’uomo sia immune come una statua ai moti passionali, se ne deve dedurre che tanto il sapiente quanto l’insipiente, tanto il virtuoso quanto il vizioso, hanno di essi naturale esperienza. Il virtuoso, pertanto, non si differenzia dal vizioso per l’assenza delle passioni, bensì per la capacità che la sua proairesi ha acquisito, grazie alla pratica sistematica della diairesi, di dominare le passioni. Come il buon auriga, soltanto il saggio sa come tenere salde le redini del cavallo che gli è stato affidato dalla sorte, così da indirizzarlo e da mantenerlo sul corretto percorso.
I,4,1; I,4,3; I,4,28; III,15,12; III,26,13; IV,3,7; IV,6,34; IV,10,13; IV,10,22; E12,2; E29,7

DOMINIO SULLO SCONCERTO: traduce il sostantivo ταραξία (‘ataraxìa’). Come nel caso del dominio sulla paura e su altre passioni, il saggio sa cos’è lo sconcerto ma sa anche dominarlo. Per Epitteto è uno dei frutti più belli della diairesi.
I,10,2; II,1,21; II,1,33; II,2,1; II,5,2; II,5,7; II,18,28; III,13,13; III,15,12; III,24,79; III,26,13; IV,3,7; IV,8,30; IV,10,22; E12,2; E29,7

EBBREZZA: vedi PIACERE FISICO. 
II,11,19-22; E34,1

ECCEZIONE: traduce il sostantivo πεξαίρεσις (‘hupexàiresis’). Come è già stato illustrato in una nota precedente, per ‘avere successo’ (q.v.) in qualunque caso pratico si devono attraversare tre passaggi, due dei quali sono proairetici mentre uno è aproairetico. Il primo passaggio proairetico è quello che incorpora l’esplicita eccezione di cui qui è questione. Nel quarto paragrafo del ‘Manuale’ Epitteto, per illustrare questa ‘eccezione’ che il saggio sempre fa, usa l’esempio di una persona che dispone di andare alle terme per fare un bagno caldo. Prima di avviarsi alle terme, costui deve avere davanti agli occhi quel che accade alle terme: gente che ti spruzza, ti strattona, ti ingiuria, che ruba. Pertanto egli, se è saggio, si avvierà alle terme dicendo a se stesso: “Dispongo di fare un bagno caldo, ma anche di serbare la mia proairesi in accordo con la natura delle cose. E tale non la serberò se fremerò davanti a certi avvenimenti”. Questo è l’unico modo corretto di accostarci a qualunque cosa aproairetica e di serbarci liberi.
E2,2; Fr. XXVII

EDUCAZIONE ALL’USO DELLA DIAIRESI o ‘educazione a diairesizzare’: traduce il sostantivo παιδεία (‘paidéia)’. Ha poco senso tradurre il sostantivoπαιδείαcon il semplice termine ‘educazione’. Infatti, di quale educazione si intende parlare? Il benpensante e il malpensante sono tutti e due educati a qualcosa: il primo a certe idee morali e politiche, il secondo a idee diverse da quelle. Ma si tratta in entrambi i casi di modelli culturali i quali hanno i loro difensori e le loro ragioni. In filosofia, invece, c’è bisogno di un canone che non sia un semplice modello culturale, ma che faccia riferimento a qualcosa di invariante e valido senza eccezione alcuna per tutti gli esseri umani, a qualunque cultura essi appartengano. Questo canone esiste ed è rappresentato, come Epitteto mostra di continuo, dalla infinita libertà della proairesi umana nell’uso delle rappresentazioni, ossia dalla infinita libertà della proairesi umana di atteggiarsi diaireticamente oppure controdiaireticamente. Pertanto la παιδεία va sempre qualificata come ‘educazione all’uso della diairesi’, giacché questa è la sola interpretazione coerente con l’impianto generale della filosofia di Epitteto ed è anche chiaramente lo scopo che egli si dà e ribadisce di sé come educatore. Soltanto in tre casi (I,17,12; II,20,26; III,21,15) Epitteto lascia correre il termine παιδεία con un riferimento leggermente meno stringente.
I,2,6; I,8,1; I,8,8; I,9,12; I,9,18; I,12,8; I,12,15; I,12,17; I,19,1; I,22,9; I,27,2; I,29,33; I,29,44; I,29,54-55; II,1,21-22; II,1,25; II,2,13; II,15,1; II,16,23; II,17,22; II,17,26-27; II,19,29; III,2,10; III,26,28; IV,4,32; IV,5,7; E5,1

EGEMONICO: traduce l’aggettivo sostantivato τ γεμονικόν (‘to hegemonikòn’). Il cosiddetto ‘egemonico’ è, secondo la classica suddivisione stoica, l’ottava parte dell’animo umano: la sua anima direttiva, il nostro ‘sovrano interiore’. Cosa impedisce che chi ha la febbre abbia l’egemonico in accordo con la natura delle cose? Qua è il controllo della faccenda, la valutazione di chi fa filosofia. Giacché è parte della vita anche questo, cioè la febbre, come una passeggiata, come un viaggio per mare o per terra. L’uso che Epitteto fa di questo termine è del tutto intercambiabile con quello del sostantivo ‘Proairesi’ (q.v.). Una certa sua preferenza per il termine ‘Proairesi’ sembrerebbe legata alla geniale e brillantissima risposta che egli oppone alle critiche che gli Aristotelici del tempo muovevano agli Stoici circa la libertà o la servitù della proairesi umana, all’interno della catena di rigidissima causalità della quale facevano colpa a questi ultimi. Come l’animo umano ha il suo ‘Egemonico’, così pure il cosmo ha il suo egemonico, che è la ‘Prònoia’ (q.v.).
I,15,4; I,20,11; I,26,12; I,26,15; II,1,39; II,18,8-9; II,18,30; II,22,25; II,26,7; III,3,1; III,5,3; III,6,3; III,9,11; III,10,11; III,10,16; III,15,13; III,21,3; III,22,19; III,22,33; III,22,93; IV,4,38; IV,4,43; IV,5,1; IV,5,4; IV,5,6; IV,7,40-41; IV,10,25; E29,7; E38,1

FELICITA’: traduce il sostantivo εδαιμονία (‘eudaimonìa’). L’essere umano è l’unico responsabile della propria felicità; e la felicità sta nella retta proairesi, là dove c’è in noi qualcosa che è libero per natura. Dove sono sconcerti, afflizioni, paure, desideri imperfetti, avversioni che incappano in quanto avversano, invidie, gelosie, là che passaggio vi può avere la felicità? L’uomo felice deve infatti avere tutto quel che dispone, deve somigliare ad un essere sazio, al quale non è congiunta né sete né fame. 
I,4,3; I,4,32; I,9,10; II,1,20; II,8,5; II,9,2; II,9,7; II,11,3; II,14,9; II,20,31; II,23,29; III,22,37; III,22,59-61; III,22,84; III,23,34; III,24,17; III,25,1; III,25,3; IV,1,122; IV,8,30; IV,10,19; IV,12,18; E1,4; E50,1

FORTUNA: traduce il sostantivo τύχη (‘tùke’). La fortuna è una delle quattro cause basilari di tutti gli eventi del cosmo. È una causa ‘aproairetica’ ed è pertanto di natura divina. In Epitteto, il riferimento alla ‘fortuna’ intesa come causa basilare, è esplicito soltanto nei tre casi qui segnalati.
II,7,9; IV,1,109; Fr. II

GIUDIZIO: traduce il sostantivo δόγμα (‘dògma’). Il giudizio è un’operazione proairetica che sottostà a tutte le altre opere della proairesi (q.v.). I giudizi possono essere retti oppure non retti. Sono retti quando rispettano la natura delle cose (q.v.), e sono non retti quando non la rispettano. Nel primo caso essi fanno la proairesi buona; nel secondo la fanno pervertita e cattiva. In quanto opera della proairesi, un giudizio non può essere vinto che da un altro giudizio, mentre nulla di aproairetico può vincerlo. Nel campo del bene e del male, ad esempio, bene è il giudizio che il denaro è né un bene né un male. Male il giudizio che esso sia un bene oppure che esso sia un male. 
I,1,25; I,3,1; I,11,29; I,11,33; I,11,35; I,11,38-39; I,12,26; I,17,26; I,18,2; I,18,16; I,18,20; I,19,6; I,19,8; I,19,15-16; I,25,25; I,25,28; I,28,21; I,28,25; I,29,8; I,29,11; I,29,13; I,29,19; I,29,22; I,29,49; II,1,14; II,1,21; II,1,32; II,9,14; II,16,1; II,16,22-24; II,16,26-28; II,16,40; II,18,7; II,18,11; II,18,18; II,19,6; II,19,10-11; II,19,14; II,19,19; II,19,23; II,20,16; II,20,26; II,21,15; II,22,24; II,22,28; II,22,33-34; II,22,37; III,1,42; III,2,12-13; III,3,13; III,3,18-19; III,5,4; III,7,4; III,7,7-8; III,7,17; III,7,20; III,7,22; III,7,29; III,9,1-6; III,9,8-9; III,9,12-13; III,9,17-18; III,10,1; III,10,5; III,16,1; III,16,6-8; III,16,10; III,17,9; III,19,3; III,20,17-18; III,22,59; III,22,61; III,23,9; III,24,1; III,24,21; III,24,38-39; III,24,53; III,24,55; III,24,87; III,26,32; III,26,34-35; IV,1,58; IV,1,86; IV,1,112; IV,1,137; IV,1,139; IV,1,170; IV,1,175-176; IV,4,44; IV,5,17; IV,5,20; IV,5,24; IV,5,26; IV,5,28-29; IV,5,32; IV,5,35; IV,6,14; IV,6,21-25; IV,6,28-29; IV,7,1; IV,7,14; IV,7,21; IV,7,35-36; IV,7,38; IV,8,1; IV,8,3-4; IV,8,41; IV,9,1; IV,10,30; IV,10,36; IV,11,4; IV,11,8; IV,11,33; IV,13,15; IV,13,20; IV,13,23; Fr. XVI; Fr. XXVIIIb; E5,1; E16,1; E20,1; E45,1

IDDIO: vedi DIO
II,16,13

IMPULSO: traduce il sostantivo ρμή (‘hormé’). L’impulso è la terza delle sei opere cardinali della proairesi, ed è l’opposto della repulsione (q.v.) Impulso è il nome che prende il desiderio quando l’azione umana sia considerata limitatamente al campo del ‘doveroso’, ossia là dove si gioca la partita di ciò che per l’uomo è confacente: a) in quanto semplice animale, b) in quanto animale inserito in un certo ambiente naturale e c) in quanto uomo in relazioni naturali o acquisite con altri uomini; giacché tutti gli uomini sono figli o figlie, padri o madri, fratelli o sorelle, mogli o mariti e così via; tutti gli uomini fanno parte della società civile e, una volta raggiunta la maggiore età, hanno diritti politici. Anche l’impulso è ‘proairetico’, e di esso dobbiamo servirci così da essere al riparo dalle aberrazioni, per agire con posizionamento, con razionalità, senza trascuratezza, né fuori tempo, né fuori luogo e salvaguardare la nostra cooperatività nelle relazioni con le proairesi dei nostri simili.
I,4,9; I,4,11; I,4,14; I,17,24; I,18,1; I,19,3; I,19,25; I,21,2; II,8,29; II,13,7; II,14,22; II,17,15; III,2,1-2; III,7,34; III,9,18; III,12,13; III,22,36; III,22,104; IV,1,1; IV,1,89; IV,1,100; IV,4,16; IV,4,18; IV,4,28; IV,6,18; IV,6,26; IV,8,35; IV,11,26; IV,12,14; E1,1; E48,2; Fr. I; Fr. VI; Fr. XXVII

INCULTURA: traduce il sostantivo μαθία (‘amathìa’). Com’è noto, per Epitteto la sola incultura di vero rilievo è l’ignoranza della diairesi (q.v.), ossia l’ignoranza della fondamentale azione proairetica che consiste nel riconoscere la natura delle cose e nel distinguere ciò ch’è in nostro esclusivo potere e ciò che non lo è.
I,11,14; II,1,16; II,3,5

INDIFFERENZA: traduce il sostantivo διαφορία (‘adiaforìa’). Indifferenza non significa affatto assenza di percezione o disconoscimento delle diverse qualità che ineriscono a qualcosa, bensì giudizio proairetico che qualunque oggetto esterno ed aproairetico è né un bene né un male. 
II,1,14; II,5,20; II,6

INDIFFERENTE: traduce l’aggettivo διάφορον (’adiàforon’). Qualunque cosa aproairetica è ‘indifferente’, in quanto è né un bene né un male per la proairesi. Indifferenti sono cose di questo genere: vita, morte, reputazione, discredito, dolore fisico, piacere fisico, ricchezza di denaro, povertà di denaro, malattia, salute e le cose simili a queste. 
I,9,13; I,20,12; I,30,3; II,5,1; II,5,3; II,5,7; II,6,1-2; II,9,15; II,19,13; E32,1-2

INGANNO: traduce il sostantivo πάτη (‘apàte’). Nell’ambito degli assensi e della sospensione degli assensi, dice Epitteto, le determinazioni che noi prendiamo possono essere scienza od opinione o inganno. S’inganna colui che dà il proprio assenso ad una rappresentazione prima di averla a fondo e correttamente analizzata. Il virtuoso, dunque, non s’inganna e non si lascia ingannare.
I,4,27; II,6,1; III,20,3

INSUBORDINABILE: traduce l’aggettivo νυπότακτος (‘anupòtaktos’). Chi è l’uomo? L’uomo è una creatura mortale atta ad usare le rappresentazioni in armonia con la natura delle cose; una creatura che nulla ha di più dominante della proairesi (q.v.), e tutte le altre sue facoltà subordinate a questa, mentre essa è inasservibile e insubordinabile.
II,10,1; IV,1,161

INTELLETTO: traduce il sostantivo διάνοια (‘diànoia’). L’accezione nella quale Epitteto usa questo termine è prevalentemente quella comune. Con esso egli indica, dunque, il complesso delle facoltà che permettono all’uomo di intendere, sottrarre, addizionare e variamente comporre i dati sensibili dell’esperienza o entità astratte. Tuttavia è altrettanto evidente e sicuro che in certi casi egli lo usa quale puro e semplice sinonimo di ‘proairesi’ (q.v.).
I,4,32; I,6,7; I,6,10; I,18,1; I,26,14; I,28,2; II,2,13; II,2,20-21; II,16,45; II,21,22; III,4,5; III,9,17; III,9,19; III,22,20; IV,1,135; IV,5,15; Fr. XV; E7,1

IRRAGIONEVOLE, ossia ‘senza ragione’, ‘sprovvisto di ragione’: traduce l’aggettivo λογος (‘àlogos’). Il termine, inteso nel senso di ‘incapace di discorso ragionato’ è usato per indicare genericamente gli animali bruti. Secondo Epitteto, la differenza tra questi e l’uomo va ricercata nel fatto che mentre i bruti possiedono l’ ‘uso delle rappresentazioni’, soltanto il secondo possiede, oltre all’uso, anche la ‘comprensione dell’uso delle rappresentazioni’. La comprensione dell’uso delle rappresentazioni si identifica con l’autoteoreticità della ‘ragione’; con la capacità umana di riconoscere la ‘natura delle cose’, cioè la bipartizione fondamentale di tutte le realtà in cose che sono in nostro esclusivo potere e cose che non sono in nostro esclusivo potere; e con la presenza in noi di una ‘proairesi’ capace di ‘diairesi’. ‘Irragionevoli’ diventano allora anche le proairesi umane quando si atteggiano in contrasto con la natura delle cose, quando operano la ‘controdiaresi’ e così si abbrutiscono.
I,2,1; I,2,4-7; I,6,12; I,6,20; I,9,9; II,8,3; II,15,6; II,15,19; III,24,7; IV,1,84; IV,6,27; Fr. III

LIBERTÀ: traduce il sostantivo λευθερία (‘eleutherìa’). La libertà è il frutto che pende dai rami dell’albero della diairesi, così come la schiavitù è il frutto che pende dai rami dell’albero della controdiairesi. Nessuno decide di vivere aberrando, nella paura, nell’afflizione e nello sconcerto. Dunque nessuno che aberri, che abbia paura, sia afflitto, sia sconcertato è libero. La libertà è il difficile linguaggio in cui è scritta la natura delle cose (q.v.), ed è un linguaggio del tutto indipendente dalla proairesi umana: è la lingua universale che la nostra proairesi deve imparare a leggere e a comprendere, ma che non ha alcuna possibilità di modificare. 
I,12,10; I,12,12; I,12,15; I,12,21; I,24,8; II,1,20-21; II,1,23; II,16,41; II,18,28; II,20,31; III,15,12; III,22,84; III,22,92; III,22,96; III,24,66-67; III,26,38; IV,1,5; IV,1,23-24; IV,1,27-28; IV,1,30; IV,1,52; IV,1,54; IV,1,56; IV,1,109; IV,1,113; IV,1,117; IV,1,131; IV,1,144; IV,1,171-172; IV,1,175; IV,3,7; IV,9,11; Fr. IV; Fr. XIV; Fr. XXXVI; E1,4; E19,1; E29,7

LOGICO, ossia ‘razionale’: traduce l’aggettivo λογικός (‘logikòs’). È l’opposto di λογος. Soltanto l’uomo, non l’animale bruto, è una creatura logica. In un altro contesto, l’aggettivo viene sostantivato ed utilizzato per indicare la ‘Logica’ in quanto branca della filosofia. La facoltà logica dell’uomo, in quanto facoltà che può scegliere di atteggiarsi diaireticamente o controdiaireticamente prende il nome di ‘proairesi’. Per Epitteto, quando nell’uomo siano recisi il rispetto di sé e degli altri ed il senso della decenza mentre non è mozzata la logicità, ecco che la sua proairesi si è abbrutita.
I,1,4; I,2,1; I,5,9; I,6,12; I,9,4; I,10,10; I,16,21; I,17,1; I,17,6; I,17,10; I,19,13; I,27,6; II,1,39; II,9,2; II,9,4; II,20,7; II,25,1; II,26,3; II,26,7; III,1,25-26; III,7,33; III,7,35; IV,6,34; IV,7,7

LOGOS: vedi RAGIONE

MATERIA: vedi MATERIA IMMORTALE

MATERIA IMMORTALE: traduce il sostantivo θεός (‘theòs’). Il cosmo è soggetto a continue trasformazioni ma non è soggetto a nascita o morte, giacché è composto di Materia Immortale, la quale segue le leggi ben precise del Logos (q.v.) nei suoi passaggi di stato. Materialità è sinonimo di divinità. Tutto ciò ch’è materiale è θεον (‘thèion’)ossia ‘divino’, e la divinità altro non è che la Materia Immortale. Per conseguenza, anche tutto ciò ch’è aproairetico è divino: divini sono i sassi e le piante, il fango e gli animali, gli astri e gli escrementi, la natura, la necessità, la fortuna, la prònoia, e così via. E nell’uomo? Composto di Materia Immortale è dell’uomo il corpo, e divina è la capacità di questo corpo di esprimere da se stesso una facoltà autoteoretica come la ‘proairesi’. Proairesi che è capace di assomigliarsi (q.v.) a Zeus quando si atteggia diaireticamente. Insomma, noi siamo circondati dal divino e siamo noi stessi divini; salvo che, grazie alla infinita libertà della nostra proairesi, siamo anche gli unici esseri al mondo capaci di negare di esserlo.
I,1,9; I,3,1-2; I,3,4; I,4,32; I,6,1-2; I,6,18; I,6,42; I,9,1; I,9,4; I,12,1; I,13,1; I,14,4; I,14,6; I,14,10; I,14,15; I,16,1; I,16,5-6; I,16,7; I,16,14-16; I,16,19-20; I,17,27; I,19,13; I,29,4; I,29,48; II,1,25; II,6,9; II,8,1; II,8,8; II,8,11; II,8,14; II,8,20; II,10,3; II,14,8; II,14,11; II,14,24; II,16,13; II,16,27; II,16,44; II,17,33; II,23,1-2; II,23,5; II,23,23; III,3,5; III,5,8; III,8,5; III,10,8; III,11,1; III,13,8; III,13,12; III,15,14; III,17,1; III,17,5; III,22,34; III,22,46; III,22,56; III,24,2; III,24,21; III,24,24; III,24,63; III,24,65; III,24,95; III,24,114; III,26,28; III,26,37; IV,1,82; IV,1,89; IV,1,98; IV,1,100-101; IV,1,104; IV,1,108; IV,1,172; IV,4,18; IV,4,32; IV,5,34-35; IV,6,21; IV,7,6-7; IV,7,9; IV,7,11; IV,7,17; IV,8,31-32; IV,10,14; Fr. IV; Fr. XIII; Fr. XXIII

MATERIALE: traduce il sostantivo λη (‘ùle’). Epitteto si serve sempre del termine ‘ùle’non per indicare genericamente la ‘Materia Immortale’ (q.v.), bensì per riferirsi al concreto materiale sul quale di volta in volta si svolge un’azione qualunque. Ad esempio, materiale del falegname è il legno e dello scultore di statue il bronzo, tanto quanto materiale dell’uomo che dispone di essere virtuoso è la sua propria proairesi. Questi materiali possono pertanto essere sia aproairetici (legno, bronzo) che proairetici (giudizi, desideri, ecc.). Quando i materiali siano aproairetici l’uomo che ha retti giudizi deve trattarli con la massima cura ma non infatuarsene tanto da diventarne servo.
I,4,20; I,6,34; I,7,2; I,15,2-3; I,18,11; I,20,3; I,26,2; I,29,2-3; I,29,41; II,5,1; II,5,5; II,5,7; II,5,9; II,5,21-22; II,6,1-2; II,16,18; II,19,31; II,21,17; III,2,7; III,3,1; III,4,9; III,7,25; III,20,8; III,22,20; III,22,40; IV,1,117; IV,4,10; IV,5,6; IV,7,5; IV,7,15; IV,8,11-12; IV,11,4; Fr. VIII

MENTE DELLA MATERIA IMMORTALE: traduce il sostantivo πρόνοια (‘prònoia’). Il sostantivo Prònoia va reso in questo modo per tenere saldamente in evidenza l’inscindibile legame che unisce Logos (q.v.) e Materia (q.v.). Invano si cercherebbero in Epitteto tracce del Provvidenzialismo caratteristico delle religioni monoteiste.
I,6,1-2; I,16,1; I,16,7; I,16,14-16; III,15,14; III,17,1; III,17,5; Fr. XIII

NATURA: traduce il sostantivo φύσις (‘fùsis’). La ‘natura’ è una delle quattro cause basilari di tutti gli eventi del cosmo, è divina ed è onnicomprensiva, nel senso che qualunque comportamento umano è naturale. La ‘natura delle cose’ è invece la essenziale bipartizione di tutto l’esistente in cose proairetiche ed in cose aproairetiche. Si tratta di una questione di fondamentale importanza, giacché i concetti di ‘Natura delle cose’, di ‘Proairesi’ e di ‘Diairesi’, sono tre pilastri fondamentali della filosofia di Epitteto che sono stati finora drammaticamente sottovalutati o addirittura completamente trascurati. Epitteto sa benissimo quanto sia facile equivocare in proposito, spacciando per ‘natura’ quelli che invece sono dei semplici ‘modelli culturali’, e si guarda bene dal farlo. Ogni volta che il termine ‘natura’ si presta a simili ambiguità egli dunque le evita, mostrando ed affermando con estrema decisione che esiste una ‘natura delle cose’ e che questa è invariante, inviolabile e valida per tutti gli esseri umani senza eccezioni. È in relazione al rispetto oppure al tentativo di violazione della ‘natura delle cose’ che gli uomini si dividono in virtuosi e viziosi, in felici ed infelici, in liberi e schiavi, in pace vivente oppure in guerra vivente. 
I,2,7; I,4,14; I,4,18; I,4,29; I,6,15; I,6,18; I,6,21; I,11,5; I,11,7-8; I,11,10-11; I,11,15; I,11,17-18; I,12,3; I,12,7; I,12,19; I,15,4; I,15,6; I,16,4; I,16,9; I,16,11; I,17,12; I,17,17; I,17,21; I,18,8-9; I,19,7; I,19,13; I,19,25; I,20,5; I,20,16; I,21,2; I,22,9; I,23,21; I,25,22; I,26,1-2; I,27,12; I,28,2; I,29,19; II,1,4; II,2,2-3; II,2,10; II,2,14; II,5,6; II,5,22; II,5,24-25; II,6,5; II,6,9; II,8,14; II,8,23; II,10,23; II,11,2; II,11,7; II,14,11; II,14,22; II,15,1; II,16,7; II,16,43; II,19,32-33; II,20,13-14; II,20,18; II,20,21; II,20,31; II,21,1; II,21,4; II,23,19; II,23,33; II,23,35; II,23,42; II,24,12; II,24,14; II,24,19; II,26,1; II,26,3; III,1,3; III,1,23; III,1,25; III,1,28; III,1,35; III,3,1; III,4,9; III,5,3; III,6,3-4; III,7,28; III,9,11; III,9,17; III,9,19; III,10,10-11; III,10,15; III,12,1; III,12,15; III,13,5; III,13,20; III,16,15; III,17,6; III,22,41; III,23,12; III,24,1; III,24,11-12; III,24,101-102; IV,1,51; IV,1,78; IV,1,126; IV,3,10; IV,4,14; IV,4,28; IV,4,38; IV,4,43; IV,5,5-6; IV,5,30; IV,6,11; IV,7,8; IV,8,12; IV,8,42; IV,10,7-8; IV,10,19; IV,10,26; IV,11,1; IV,11,3; IV,11,9-10; IV,12,2; Fr. I; Fr. VI; Fr. VIII; Fr. XIV; Fr. XXIII; Fr. XXVIIIb; E1,1-3; E1,3; E2,1-2; E3,1; E4,1; E6,1; E9,1; E13,1; E26,1; E27,1; E30,1; E48,3; E49,1

NATURA DELLE COSE: vedi NATURA 

NECESSITA’: traduce il sostantivo νάγκη (‘anànke’). La necessità è una delle quattro cause basilari di tutti gli eventi del cosmo. È una causa ‘aproairetica’ ed è pertanto di natura divina. In Epitteto, il riferimento alla ‘necessità’ intesa come causa basilare è esplicito soltanto nei tre casi qui segnalati.
II,6,16; III,22,100; E53,2

NON SOGGETTO AD INTRALCI: traduce l’aggettivo νεμπόδιστος (‘anempòdistos’). Quella di non essere soggetta ad intralci è una caratteristica naturale della proairesi umana.
I,4,18; II,19,32; III,22,41; IV,1,1; IV,1,69; IV,1,100; IV,4,5

NON SOGGETTO AD IMPACCI, ‘disimpacciato’ ‘senza impacci’: traducono l’aggettivo παραπόδιστος (‘aparapòdistos’) e la sua forma avverbiale παραποδιστς(‘aparapodìstos’). Secondo gli Stoici, non soggette ad impacci sono unicamente la proairesi umana e la prònoia del cosmo. 
I,1,10; I,6,40; I,17,23; I,25,3; I,25,31; II,13,21; II,17,29; II,19,29; III,3,10; III,14,10; III,22,39-40; III,24,39; III,24,79; IV,1,63-64; IV,4,22; IV,8,20; E1,2

NON SOGGETTO A IMPEDIMENTI: traduce l’aggettivo κόλουθος (‘akòlutos’). Questa è una caratteristica fondamentale della proairesi umana. Tutto ciò ch’è aproairetico è soggetto a impedimenti, giacché può essere impedito da qualsivoglia agente più potente di lui. Non esiste invece alcun agente che possa impedire alla proairesi di decidere un certo oppure un cert’altro uso delle rappresentazioni a sua disposizione. Cos’è dunque per natura capace di condizionare la proairesi? Nulla di aproairetico bensì soltanto essa, quando sia pervertita, se stessa. Per questo la proairesi diventa solo vizio o sola virtù.
I,1,31; I,4,18; I,6,40; I,17,21; I,17,23; I,19,2; I,25,3; II,19,29; II,19,32; II,23,18; II,23,42; III,3,10; III,5,7; III,12,4; III,22,43; III,24,3; III,24,69; III,24,96; III,26,24; III,26,35; IV,1,27; IV,1,62-64; IV,1,69; IV,1,73; IV,1,75; IV,1,81; IV,1,83; IV,1,100; IV,1,128-129; IV,4,22; IV,4,40; IV,5,34; IV,6,16; IV,6,23; IV,7,6; IV,7,8-9; IV,10,13; IV,13,24; E1,2

OPERE DELLA PROAIRESI: traduce le due espressioni equivalenti προαιρετικά ργα(‘proairetikà èrga’) e ργα προαιρέσεως (‘èrga proairéseos’). Per Epitteto, sono tre i campi in cui deve esercitarsi chi intende vivere bene, in armonia con la natura delle cose: a) quello dei desideri e delle avversioni, per non fallire desiderando e, avversando, per non incappare in quanto avversa; b) quello degli impulsi e delle repulsioni, ossia quello del doveroso, per agire con posizionamento, con razionalità, senza trascuratezza; c) quello del riparo dall’inganno, dall’errore logico, dalla casualità di giudizio e insomma quello degli assensi e dei dissensi. Sono pertanto sei le opere cardinali della proairesi: desiderio (q.v.), avversione (q.v.), impulso (q.v.), repulsione (q.v.), assenso (q.v.), e dissenso (q.v.). Nel primo campo la proairesi dell’uomo gioca la partita del bene e del male. Nel secondo campo la partita delle relazioni sociali, naturali e acquisite. Nel terzo campo la partita della sicurezza nell’uso delle rappresentazioni e nei ragionamenti. Secondo Epitteto, inoltre, l’ordine di importanza per l’uomo dei tre campi è lo stesso dell’ordine in cui egli li elenca.
I,18,1; I,22,10; II,1,12

PIACERE FISICO: traduce il sostantivo δονή (‘hedoné’). Il semplice piacere fisico è distinguibile dal piacere fisico in quanto passione, e quest’ultimo è tradotto con ‘ebbrezza’, la quale è un’esaltazione irrazionale della proairesi per la presenza di quello che si opina essere un bene. Il piacere fisico è l’opposto del πόνος (‘pònos’), cioè del dolore fisico. Il piacere fisico, come il dolore fisico, è una realtà del tutto aproairetica, e dunque qualcosa ch’è né bene né male. Se è vero che dolore e piacere fisico non sono giudizi, è altrettanto vero che la nostra proairesi avrà sempre un giudizio su ciascun particolare piacere e dolore fisico. E questo giudizio, non il dolore ed il piacere fisico, è proairetico, è in nostro esclusivo potere. A questo va subordinato il piacere fisico come ministro, come servitore che può ottimamente assisterci nelle nostre opere in armonia con la natura delle cose. Si usa dire giustamente che il piacere fisico è un ottimo servitore ma un pessimo padrone.
I,2,16; I,18,16; I,24,7; I,29,60; II,17,12; II,19,13; II,20,9; II,22,7; III,7,28; III,12,7; III,24,37; III,24,71; Fr. XIV

PRE-CONCETTO: traduce il sostantivo πρόληψις (‘pròlepsis’). Mentre il ‘concetto’ (q.v.) va appreso, noi veniamo al mondo con dei concetti naturali, innati, di bene e di male, di bello e di brutto, di confacente e di non confacente, di felicità, di conveniente, di spettante, di quanto bisogna fare e di quanto non bisogna fare. Poiché i pre-concetti sono comuni a tutti gli uomini, pre-concetto non contraddice mai pre-concetto; ma non è possibile adattare i pre-concetti alle sostanze consone senza articolarli ed analizzare proprio questo, cioè quale sostanza sia da subordinarsi a ciascuno di essi. E siccome tutte le sostanze possibili rientrano soltanto in due categorie: quella di ciò ch’è proairetico e quella di ciò ch’è aproairetico, noi dobbiamo imparare ad adattare i pre-concetti alle sostanze in armonia con la particolarità di ciascuna, ossia in armonia con la natura delle cose.
I,2,6; I,7,29; I,22,1-2; I,22,6-9; I,25,6; I,27,6; I,28,28; II,1,32; II,11,1; II,11,4-6; II,11,9; II,11,11; II,11,18; II,17,1; II,17,7; II,17,9-10; II,17,12,14; III,5,8; III,13,13; III,22,1; III,22,39; IV,1,41-45; IV,4,26; IV,8,6; IV,8,10; IV,10,15

PROAIRESI: traduce il sostantivo προαίρεσις (‘proàiresis’). Epitteto è di evidenza solare nel mostrare che la proairesi, o ‘egemonico’ (q.v.), è la facoltà logica dell’uomo in quanto facoltà capace di atteggiarsi diaireticamente oppure controdiaireticamente. La proairesi non è un giudizio o un progetto, come tende a pensare Aristotele, né una scelta; e tantomeno una scelta morale di fondo. La proairesi è un codice scritto in determinate sequenze di nucleotidi e presente unicamente nel DNA umano. Le quattro caratteristiche fondamentali della proairesi sono queste: essa è libera, infinita, inasservibile e insubordinabile. Pertanto, la corretta definizione scientifica della nostra specie non è quella usualmente accettata di ‘Homo sapiens’. Infatti, a ben vedere, la stragrande maggioranza di noi apparterrebbe piuttosto alla specie ‘Homo insipiens’. Il vero nome della nostra specie è ‘Homo proaireticus’, giacché questa è la sola definizione che ci incorpora tutti: sapienti e insipienti, virtuosi e viziosi, colti e stolti, galantuomini e criminali. Delle quattro cause basilari delle vicende cosmiche, tre sono aproairetiche: natura (q.v.), necessità (q.v.), fortuna (q.v.), ed una sola, appunto la proairesi, ha per natura, per necessità e per fortuna il destino di essere il destino di se stessa.
I,1,22-23; I,2,32-33; I,4,18; I,6,40; I,8,10; I,8,16; I,12,3; I,12,7; I,12,9; I,17,21; I,17,26; I,18,1; I,18,8; I,18,16-17; I,19,8; I,19,15; I,22,10; I,25,1; I,27,10; I,28,21; I,29,1-3; I,29,8; I,29,12; I,29,47; I,30,1; I,30,4; II,1,6; II,1,12; II,2,2; II,5,3; II,5,5-6; II,6,25; II,8,15; II,10,1; II,10,25; II,10,27; II,10,29; II,15,1; II,16,1; II,16,16; II,21,7; II,21,10; II,21,12; II,21,19-20; II,21,26; II,21,29; II,23,4; II,23,11; II,23,15-17; II,23,19-20; II,23,22; II,23,40-41; III,1,39-40; III,1,42; III,2,1; III,2,13; III,3,4; III,3,8; III,3,10; III,4,9; III,5,2; III,5,7; III,10,18; III,14,7; III,14,10; III,16,1; III,18,3; III,19,2; III,22,41; III,22,102-103; III,22,105; III,23,5; III,23,10; III,24,1; III,24,75; III,25,5; III,26,23-24; III,26,33; III,26,35; IV,4,22-23; IV,5,5; IV,5,11; IV,5,23; IV,5,32; IV,7,28; IV,12,7; IV,12,12; IV,13,14; IV,13,21; E4,1; E5,1; E9,1; E10,1; E13,1; E27,1; E30,1

PROAIRETICO: traduce l’aggettivo προαιρετικός (‘proairetikòs). Tutto ciò ch’è proairetico è in nostro esclusivo potere e nessuno può sottrarcelo né procacciarci quel che di esso noi non disponiamo. Beni e mali dell’uomo sono entità esclusivamente proairetiche.
 I,4,1; I,17,23; I,19,23; I,22,18; I,28,18; II,1,5; II,1,9; II,1,29; II,1,40; II,10,8; II,13,10; II,23,9-10; II,23,12-13; II,23,15; II,23,23; II,23,25; II,23,27; III,3,14-15; III,3,19; III,5,4; III,6,7; III,7,4-5; III,8,1; III,11,2; III,12,8; III,18,1; III,22,13; IV,1,40; IV,1,84; IV,1,100; IV,4,18; IV,4,33; IV,7,8; IV,10,8; IV,12,15

PRÒNOIA: vedi MENTE DELLA MATERIA IMMORTALE

RAGIONE, ma anche ‘citazione’, ‘discorso’, ‘dottrina’, ‘facoltà logica’, ‘lezione’, ‘linguaggio’, ‘parola’, ‘ragionamento’: in contesti diversi traducono il sostantivo λόγος(‘lògos’). Per gli Stoici, com’è noto, il cosmo nella sua interezza è retto dal Lògos; e il Lògos può essere inteso come un movimento incausato, eterno, inarrestabile, che inerisce a qualunque forma di essere, dal più semplice ed infimo fino al più grande e complesso, vivente e non vivente. Può, dunque, qualcosa non essere permeato dal Lògos? No, nulla può esserlo. Per fare un esempio: nei minerali il Lògos prenderà il nome di ‘forza coesiva’; nei vegetali di ‘facoltà vegetativa’; negli animali bruti di ‘animo’; nell’uomo di ‘proairesi’; nel cosmo di ‘prònoia’.
I,3,3; I,5,1-2; I,7,1; I,7,5; I,7,8-9; I,7,11-12; I,7,22; I,7,26-27; I,7,30; I,7,33; I,8,1; I,8,10; I,9,5; I,9,23; I,10,6; I,12,26; I,16,15; I,17,1-3; I,20,1; I,20,5; I,20,14; I,20,19; I,25,11; I,27,6; I,29,28; I,29,56; I,30,7; II,2,16; II,2,20; II,8,2; II,8,8; II,9,21; II,10,2; II,12,1; II,12,14; II,15,1; II,15,4; II,16,2; II,16,7; II,17,30; II,17,39; II,18,8; II,18,29; II,19,1; II,19,17; II,20,26; II,20,31; II,20,34-36; II,21,12; II,21,22; II,22,21; II,23,1; II,23,14; II,23,40; II,24,19; II,24,26; II,25,2; II,26,4; III,1,13; III,1,36; III,2,3; III,2,10; III,2,17; III,6,1; III,6,9; III,9,18-20; III,12,13; III,13,8; III,13,11-12; III,17,1; III,23,14; III,23,19-20; III,23,28; III,24,7; III,24,16; III,24,22; III,24,38; III,24,76; III,24,103; III,24,108; III,24,110; III,24,116; III,26,15; III,26,39; IV,1,104; IV,1,133; IV,1,140; IV,1,143; IV,1,170; IV,3,4; IV,5,21; IV,6,12-13; IV,6,31; IV,7,6; IV,7,38; IV,8,12; IV,9,5; IV,9,8; IV,9,10; IV,11,3-4; IV,11,26; IV,11,29-30; IV,11,33; IV,12,23; E1,1; E16,1; E32,3; E33,3; E33,16; E44,1; E46,2; E48,3; E49,1; E51,1; E51,3; Fr. I

RAGIONEVOLE: traduce l’aggettivo ελογος (‘éulogos’). Ragionevole è tutto ciò che non contraddice se stesso. Siccome nella natura non esistono contraddizioni, tutto ciò ch’è aproairetico è ragionevole; così com’è ragionevole tutto ciò che di proairetico è in armonia con la natura delle cose.
I,2,2-8; I,6,31; III,1,11; III,7,7; III,13,21; IV,6,25; IV,6,28; Fr. III

REPULSIONE: traduce il sostantivo φορμή (‘aformé’). In contesti diversi, che in questa breve nota non sono però tenuti in considerazione, il sostantivo φορμήsignifica invece ‘movente’, o ‘risorsa’. La repulsione è la quarta delle sei opere cardinali della proairesi, ed è l’opposto dell’impulso (q.v.) Repulsione è il nome che prende l’avversione quando l’azione umana sia considerata limitatamente al campo del ‘doveroso’, ossia là dove si gioca la partita di ciò che per l’uomo è confacente a) in quanto semplice animale, b) in quanto animale inserito in un certo ambiente naturale e c) in quanto uomo in relazioni naturali o acquisite con altri uomini. Anche la repulsione è ‘proairetica’, e di essa dobbiamo servirci correttamente così da essere al riparo dalle aberrazioni, per agire con posizionamento, con razionalità, senza trascuratezza, né fuori tempo, né fuori luogo e salvaguardare così la nostra cooperatività nelle relazioni con i nostri simili: ad esempio, nella pulizia personale, o nella stoltezza di rispondere con l’offesa all’offesa di un nostro fratello, senza tenere minimamente conto della relazione naturale che ci lega a lui.
I,4,9; I,4,11; I,21,2; III,2,1-2; III,7,34; III,12,13; III,22,36; IV,4,28; IV,12,14; Fr. I

RISPETTO DI SÉ E DEGLI ALTRI: traduce il sostantivoαδώς (‘aidòs). La proairesi è rispettosa di sé e degli altri allorquando opera la diairesi (q.v.) e dunque si mantiene in armonia con la natura delle cose (q.v.). La proairesi che perde il rispetto degli altri, ossia il retto giudizio su tutto ciò che aproairetico, perde automaticamente e nello stesso istante il rispetto di se stessa. Ed è vero anche il contrario, giacché la proairesi che perde il rispetto di sé, perde con ciò stesso il rispetto degli altri. Nella riproduzione sessuale, i vegetali e gli altri animali, tanto per fare un esempio, fondono cellule a ciò per natura destinate dei rispettivi rispettabilissimi corpi viventi. Ma soltanto gli uomini virtuosi sanno intrecciare le loro libere proairesi e i loro corpi palpitanti.
I,3,4; I,5,5; I,5,9; I,25,4; I,28,20-21; II,20,25; II,22,30; III,3,9; III,14,13; III,22,15; IV,5,21; IV,8,33; IV,9,9; Fr. X

SOGGETTO A COSTRIZIONE: traduce l’aggettivoναγκαστός (‘anankastòs’). Tutto ciò ch’è aproairetico è soggetto a costrizione, ossia a subire la forza coercitiva di qualunque cosa più potente di lui. Qualora alcuni individui sentano questi discorsi, ossia che si deve esser saldi e che la proairesi è qualcosa di libero per natura e di non soggetto a costrizioni mentre il resto è soggetto a impedimenti, a costrizioni, è servo, è allotrio; ebbene immaginano di dover mantenere inviolabilmente ogni loro determinazione. 
I,17,27; II,5,8; II,15,1; III,24,3; IV,1,58; IV,1,78; IV,4,33

SMANIA: traduce il sostantivo πιθυμία (’epithumìa’). La smania è ‘proairetica’ ed è riconosciuta come una delle passioni fondamentali del tetracordo, laddove le altre tre sono: afflizione, ebbrezza e paura. La smania è un’anticipazione, ed è il desiderio inquieto, violento, senza riserva, irrazionale di quello che si opina essere in prospettiva un bene. Qualora poi si centrino le cose per le quali smaniavamo, alla smania subentra un’altra passione, ossia l’ebbrezza (q.v.). Tutte queste passioni sono il risultato di un atteggiamento della proairesi in contrasto con la natura delle cose. 
II,1,10; II,16,45; II,18,8-9; III,9,21; III,15,7; III,15,11; III,19,5; IV,1,174-175; IV,4,1; IV,9,5; IV,13,22; E29,3

STOLTEZZA: traduce il sostantivo φροσύνη (‘afrosùne’). In Epitteto il termine ‘stoltezza’ è sistematicamente citato insieme col, ed opposto al, termine ‘saggezza’. Stoltezza è l’azione della proairesi umana che dichiara non essere in suo esclusivo potere ciò ch’è proairetico, ed essere in suo esclusivo potere ciò ch’è aproairetico.
I,20,6; III,13,19

ZEUS: vedi MATERIA IMMORTALE. 
Ζεύς : Zeus è semplicemente il nome che Epitteto e gli Stoici danno all’insieme di tutta la Materia Immortale di cui è formato il cosmo, ossia la divinità.
I,1,9-10; I,1,16-17; I,1,23; I,3,1-2; I,4,31; I,5,5; I,6,10; I,6,13; I,6,24; I,6,37; I,6,40; I,7,26; I,9,1; I,9,5-7; I,9,13; I,9,16; I,9,24; I,12,6; I,12,25; I,13,3-4; I,14,1; I,14,3; I,14,6; I,14,9-11; I,14,14; I,16,7; I,16,14; I,16,17; I,16,20; I,17,15; I,17,19; I,17,27-28; I,18,1; I,19,9; I,19,11; I,22,15-16; I,24,1; I,25,3; I,25,5; I,27,8; I,27,13; I,29,13; I,29,17-19; I,29,29; I,29,46; II,1,7; II,5,12; II,7,11; II,7,13; II,8,1-2; II,8,7-8; II,8,14; II,8,17-19; II,8,22-23; II,8,26; II,11,7; II,12,20-21; II,16,26; II,16,42; II,16,44; II,16,46; II,17,22; II,17,25; II,17,29; II,18,13; II,18,19; II,18,29; II,19,26-27; II,19,29; II,20,23; II,20,27; II,22,6; II,23,3; II,23,5; II,23,42; II,24,25; III,1,29; III,1,37; III,3,10; III,4,7-8; III,7,19; III,7,36; III,8,6; III,11,3-6; III,13,4-5; III,13,7; III,20,4; III,21,18; III,22,23; III,22,34; III,22,56-57; III,22,59; III,22,69; III,22,82; III,22,95; III,24,16; III,24,19; III,24,24; III,24,65; III,24,110; III,24,112; III,24,117; III,25,3; III,26,30-31; IV,1,90; IV,1,98-99; IV,1,131; IV,3,9; IV,4,7; IV,4,21; IV,4,29; IV,4,34; IV,4,39; IV,4,48; IV,5,15; IV,6,5; IV,7,20; IV,7,35; IV,8,30; IV,8,32; IV,12,11; Fr. IV; Fr. VIII; E22,1; E53,1